CAPITOLO 2: IL CICLOTURISMO ED IL SUO MERCATO
Cicloturista olandese L'Olanda è, insieme al vicino Belgio, conosciuta nel mondo come il “paese delle biciclette”. La rete ciclabile olandese è di tale estensione che è praticamente possibile raggiungere qualsiasi località in Olanda spostandosi sulle piste ciclabili, tutte contrassegnate da un’apposita e ottima segnaletica. La rete ciclabile di livello nazionale è articolata in sette itinerari per una estensione di oltre 2.000 chilometri tutti mappati e con segnaletica, cui si integrano i tantissimi itinerari a livello locale per un totale di oltre 6.000 chilometri di strade ad uso esclusivo dei ciclisti. Inoltre è da considerare l’alto livello di integrazione che la rete ciclabile olandese ha con i paesi confinanti: per questo motivo oltre che per uno standard di servizi ad hoc tra i più alti del mondo, la destinazione preferita dal cicloturista olandese rimane quella nazionale. Oltre l'85% della popolazione olandese possiede una o più biciclette per un totale di quasi 20 milioni di biciclette e questo mezzo di trasporto è largamente utilizzato, oltre che per il turismo, anche nella quotidianità per raggiungere il posto di lavoro, la scuola o per brevi passeggiate. L’uso della bicicletta è naturalmente favorito dalla conformazione del Paese che ha un territorio pianeggiante in tutta la sua estensione.
“Bike Motion Benelux” è la fiera più importante del settore che si svolge a Utrecht ad ottobre: nel 2011 la fiera ha fatto registrare oltre 27mila presenze delle quali circa il 13% provenienti dall’estero. La pratica del cicloturismo è spesso associata in Olanda al turismo natura o alle vacanze attive e di questi settori insieme si occupano spesso i principali tour operator che sono: Aktiva Tours (www.aktivatours.nl), En Route Fietsreizen (www.enroute.nl), Sindbad Reize (www.sindbad.nl), Eigen-Wijze Reizen (www.eigenwijzereizen.nl), Cycletours (www.cycletours.nl) e SNP Naturreizen (www.snp.nl).
Profilo demografico-sociale Livello economico Medio-alto Livello culturale Medio-alto Composizione famiglie, singles, best ages (55+) Fasce d’età 30 - 60 anni
Preferenze di viaggio Dove alloggia campeggio, B&B, alberghi 2-3*, agriturismi Aree europee maggiormente visitate Germania, Austria, Svizzera, Francia Aree italiane maggiormente visitate Trentino-Alto Adige, Veneto, Lago di Garda, Toscana
Spesa media giornaliera (incluso alloggio) euro 60-75 a persona (di cui 40% alloggio, 30% vitto, e 30% per altro)
Canali di informazione per il viaggio internet, Enti Turistici, Tour Operator specializzati
Mezzo di trasporto treno, aereo
Periodo preferito per viaggiare e tempi di permanenza medi Aprile - Settembre, 5/7 giorni
La diffusione del cicloturismo in Europa è disomogenea ma registra una crescente espansione, più o meno rapida a seconda delle aree geografiche. Anche sul fronte dei caratteri dell’offerta vi sono Paesi, prevalentemente nel nord Europa, dove gli standard sono molto elevati ed altri che stanno provando, talvolta con diverso successo, a migliorare nel tempo il sistema di offerta, anche guardando a quanto si realizza in altre parti del continente. La diffusione del cicloturismo, solitamente, avviene in una prima fase soprattutto all’interno dei confini nazionali ma subito dopo, quando trascorrere le proprie vacanze in bicicletta diventa un’abitudine, il cicloturista incomincia ad esplorare altre mete e a cercare nuove destinazioni.
Diventa quindi molto importante, per gli operatori italiani prendere consapevolezza dei punti di forza e delle opportunità del nostro paese, per mettere in campo strategie e attirare cicloturisti provenienti da altre parti d’Europa, costruendo strategie di promozione del nostro prodotto che tengano conto di come venga attualmente percepito. A tal fine si presenta qui sotto un’analisi SWOT della destinazione italiana per il mercato del cicloturismo.
TABELLA N.1: INDAGINE FATTORI SWOT SUL CICLOTURISMO IN ITALIA Punti di forza
• Clima favorevole
• Bellezza dei paesaggi
• Varietà dei paesaggi (montagna, mare, laghi, ecc… soprattutto per paesi nordeuropei)
• Enogastronomia
• Ospitalità
• Collegamenti: aerei low cost (Spagna, Gran Bretagna, Francia, Germania) e strade percorribili (soprattutto per Svizzera, Germania e Francia)
Punti di debolezza
• Standard piste ciclabili adeguato solo in alcune Regioni (Trentino-Alto Adige, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, ma anche Sicilia e soprattutto Sardegna)
• Rapporto qualità prezzo (bassa competitività comparata agli standard dei paesi nord europei, soprattutto per paesi nordeuropei)
• Informazioni scarse per ciclisti (mancanza di testi, guide descrittive, cicloguide in lingua tedesca e inglese)
• Pochi alberghi attrezzati per i ciclisti e pochi itinerari con segnaletica adatta (a confronto con gli standard delle strutture e dei percorsi segnalati ed attrezzati di paesi come Olanda, Germania, Austria)
• Promozione all’estero non sempre adeguata (l’Italia cicilstica di fatto non è ancora promossa come lo sono all’estero i percorsi ciclistici di Germania, Olanda e Austria per esempio).
Minacce
Un’offerta maggiormente competitiva di paesi quali il nord Europa, l’Austria, la Francia, la Germania, il Belgio ed i Paesi Bassi, basata in particolare su:
• maggiore attenzione alla natura • elevati standard di qualità dei servizi offerti (vedi Olanda) • molteplici strutture ricettive bike friendly
Opportunità
• Sfruttare i numerosi eventi di settore in Europa (fiere, meeting, eventi) per promuovere in modo più efficace ed unitario il prodotto cicloturismo
• Utilizzare tutti i canali web per far risaltare le nostre specificità di settore e creare una vera e propria rete
• Mettere in atto azioni di co-marketing per
• efficaci azioni di co-marketing accrescere le sinergie di settore
• Intensificare l’utilizzo di strumenti di promozione turistica quali: educational tour, family trip, press trip, ecc.
1.2 L’offerta e l’infrastruttura di base - Le strutture ricettive “bicycle friendly” - Gli strumenti di direzione e l’intermodalità La cultura della bicicletta è particolarmente diffusa nei paesi del nord Europa e in quelli di lingua tedesca, paesi in cui il cicloturismo, per poter creare valore aggiunto in una destinazione, “deve promuovere sistemi di offerta che rispettino determinate condizioni, in primis l’organizzazione di itinerari ciclabili interconnessi e dotati di una gamma di servizi dedicati, dall’intermodalità alla segnaletica, dall’accoglienza all’informazione.”5
Le prime esperienze realizzative hanno posto maggiore attenzione alla costruzione di piste ciclabili in sede propria, consentendo di recuperare all’uso pubblico parti di territorio abbandonate e in disuso, come gli argini dei fiumi, i tracciati delle ferrovie dismesse, ma che si è rivelata deterrente per lo sviluppo a causa dei maggiori costi e logistiche relative alla costruzione di una ciclabile ex novo. Negli ultimi anni si è affermato un approccio più elastico, che vede amministrazioni e associazioni impegnate a costruire percorsi misti, che rispettino comunque il requisito della sicurezza, con annessi servizi dedicati ai cicloturisti. La situazione attuale è schematizzata in tabella 2 sotto riportata ed evidenzia il quadro dell’offerta ciclabile in Europa e la dotazione infrastrutturale dei principali paesi europei. Si segnala al riguardo una certa difficoltà di comparazione delle informazioni a disposizione: alcuni dati, come quelli relativi all’Olanda, si riferiscono sia agli itinerari ciclabili in sede propria che lungo strade motorizzate, mentre per quanto riguarda la Spagna, per esempio, i percorsi riguardano le greenways destinate sia ai ciclisti che ad altri tipi di utenti non motorizzati, come i pedoni.
TABELLA N.2: OFFERTA CICLABILE IN EUROPA E DOTAZIONE INFRASTRUTTURALE
PAESE SUP.KMQ
ABITANTI (MILIONI)
RETE STRADALE KM
RETE CICLABILE NAZ. KM
Austria 84.000 8 110.000 4.000
Danimarca 43.000 6 71.000 4.200
Germania 357.000 80 650.000 40.000
Inghilterra 244.000 58 350.000 17.000
Olanda 34.000 15 115.000 6.000
Svizzera 41.000 7 71.000 3.300
Italia 324.000 57 310.000 (17.000) *
FONTE: FORMATO R., op.cit., p. 40
Per quanto riguarda il dato italiano, i 17.000 chilometri rappresentano l’obiettivo della futura rete Bicitalia.
Le destinazioni turistiche di successo nel campo del turismo su due ruote si sono mosse per offrire ai turisti percorsi brevi, sicuri e scorrevoli. Una ciclovia che s’interrompe ripetutamente costringendo il cicloturista a proseguire il tragitto su una strada trafficata priva di una corsia preferenziale, oltre a rappresentare un pericolo per la sicurezza, non consente di vivere un’esperienza positiva. Questa è una questione di fondamentale importanza, poiché una rete ciclabile solida getta le basi per la nascita di un sistema virtuoso. Il tema delle infrastrutture dedicate, è un discorso complesso che richiede competenze di urbanistica e pianificazione del territorio.
Scegliere il modo di migliore per regolare il traffico ciclistico non è un compito facile. Prendendo come linee guida quelle dettate dal sistema Olandese, si può affermare che le infrastrutture per i ciclisti dovrebbero essere: sicure, sia in caso di strade a traffico misto che in superfici speciali;
dirette, portare i ciclisti a destinazione attraverso percorsi “slow” ma veloci; connesse, costruire una rete;
comode, avere il minor numero di ostacoli; attrattive, condurre i viaggiatori lungo luoghi remoti, vie principali, luoghi di ristoro e di riposo.
Per quanto riguarda il tema della sicurezza è utile ricordare che non è necessario realizzare itinerari ciclabili su sede propria (ossia le piste ciclabili vere e proprie, separate dalla corsia riservata alle auto attraverso cordoli, marciapiedi o transenne), che costituiscono una soluzione obbligatoria solo in alcuni casi, dove il traffico e la velocità dei mezzi motorizzati risultano elevati. Certo questa soluzione sembra ottima quando le piste sono facilmente recuperabili da aeree dismesse, marginali e ridondanti come le alzaie dei fiumi o la superficie dei binari abbandonati. «Il costo delle piste ciclabili e le difficoltà anche logistiche a realizzare degli itinerari completi possono inoltre costituire paradossalmente un deterrente allo sviluppo del cicloturismo che invece, [...], può essere promosso anche attraverso soluzioni semplici ma focalizzate»7.
Inoltre è doveroso ricordare che il turista in sella viaggia con un mezzo particolare, perciò necessita di servizi e strutture adatte a tale tipologia di viaggio. Quindi, oltre agli interventi infrastrutturali della rete ciclabile, i servizi “a misura del cicloturista” costituiscono un’altra gamma di strumenti fondamentali utili allo sviluppo di un’offerta integrata mirata ad accrescere questo mercato.
Per realizzare un’offerta cicloturistica di qualità, è necessario proporre innanzitutto strutture ricettive adeguate (“bicycle friendly”) ai bisogni di questa tipologia di turisti. Già dalla seconda metà degli anni ’90 si è assistito alla proliferazione di alloggi a “misura di ciclista”. La Germania ha intuito subito le potenzialità di questo mercato tanto da essere stata la prima nazione ad aver sviluppato questo sistema, quando a partire dal 1995 ha creato e implementato una rete sotto il marchio “Bett&Bike”, fenomeno in continua crescita.
In gran parte dell’Europa sono nate associazioni simili, con lo scopo di certificare quei servizi “cycle friendly” sia nel settore dell’alloggio che in quello della ristorazione. Dato il forte impatto di questo fenomeno, l’associazione European Cycle Friendly Service Network Concept (ECF) ha recentemente condotto uno studio sul tema8. Se è vero che i criteri di certificazione variano sia in base alla tipologia alberghiera, che da nazione a nazione, si possono riscontrare alcuni parametri comuni: a) parcheggio e rimessa sicura per le bici; b) facoltà di pernottamento nella struttura anche solo per una notte; c) attrezzi di base per semplici riparazioni della bici; d) luoghi adatti al lavaggio e all’asciugatura di vestiti ed attrezzatura; e) informazioni sui servizi ciclabili nella regione.
In Italia si sta muovendo la FIAB con il marchio Albergabici. L’idea, sviluppata già nel 2003, “ha l’obiettivo di segnalare le strutture idonee ai ciclisti, con lo scopo di mettere in rete utili informazioni, altrimenti difficilmente reperibili, per chi viaggi in bicicletta o semplicemente intende effettuare alcune escursioni nei dintorni del suo luogo di vacanza”9. Attualmente la rete conta oltre 1.800 strutture ed è destinata a crescere. L’aspetto interessante del progetto è che il portale è integrato a quello di Bicitalia10 il quale permette di trovare le strutture più vicine alle principali ciclovie di tale progetto. Inoltre, a discrezione degli albergatori, c’è la possibilità di
indicare al viaggiatore le strutture che incontrerà lungo il percorso in modo da prenotare per loro l’alloggio della tappa successiva. Questa caratteristica, se implementata adeguatamente, può essere di grande aiuto verso la creazione di un network dell’ospitalità, nel quale ciascun albergatore sia disposto a lavorare in rete. Le strutture che rispettano determinati standard progettati dalla FIAB possono ottenere l’attestato di “Albergo Amico della Bicicletta” e la certificazione ha validità annuale.
Secondo la ricerca condotta dalla tedesca Allgemeiner Deutscher Fahrrad Club (ADFC) sui mezzi utilizzati prima e durante il viaggio per reperire informazioni sul percorso, è emerso che gli strumenti di direzione più utilizzati nella fase precedente sono internet, mappe, guide e informazioni turistiche; in itinere, invece, internet scende di posto per essere rimpiazzato da cicloguide e dalle informazioni fornite dalle persone del luogo11. Lo studio permette di comprendere l’importanza di alcuni strumenti da offrire a questa specifica tipologia di turisti.
Le guide turistiche e le mappe dovrebbero contenere tutte le informazioni utili sia alla corretta riuscita del viaggio in termini logistici, sia alla valorizzazione dei luoghi percorsi dalla ciclabile. In particolare devono offrire una descrizione dettagliata degli itinerari, indicando con una legenda chiara la lunghezza del tragitto, la tipologia della superficie e l’altimetria in modo da evitare spiacevoli sorprese. Affinché l’offerta risulti integrata, mappe e guide cicloturistiche devono includere la posizione degli alloggi “amici della bicicletta” e indicare l’ubicazione dei servizi utili che riguardano l’intermodalità, i punti informativi ma anche i negozi e le officine per i ricambi.
Un discorso a parte merita la segnaletica. Attualmente in Italia si assiste ad una proliferazione di iniziative attuate dalle varie amministrazioni, ma ciò comporta una difformità di simboli, colori, legenda da pista a pista. Nel codice della strada non è prevista una particolare normativa circa gli itinerari ciclabili e/o ciclopedonali, perciò la FIAB si è mossa con una proposta di segnaletica uniforme da adottare in tutto il territorio, che prevede determinate caratteristiche sotto l’aspetto della funzione, dei colori, della forma, della dimensione, di simboli e caratteri. In particolare, per quanto riguarda il contenuto dei segnali, dovrebbero sia indirizzare il ciclista, che offrire informazioni aggiuntive quali eventuali bivi, svolte, località da raggiungere e la distanza in km. Inoltre è utile identificare l’itinerario con la sua denominazione o sigla alfanumerica. Ad ogni modo, non è da sottovalutare l’importanza di una segnaletica uniforme in quanto, oltre ad essere utile dal punto di vista pratico, dona uniformità all’immagine della rete di percorsi nazionali.
Tra le novità nel campo del web si possono citare il roadbook, le tracce GPS e il nuovo servizio di Google Maps. Il roadbook è uno strumento facilmente reperibile in internet che fotografa il percorso attraverso immagini accompagnate da un testo essenziale circa le caratteristiche del percorso e delle attrattive principali del territorio circostante. Le tracce GPS si possono scaricare dalla rete e usare con un cellulare di nuova generazione (smartphone). Sostanzialmente prendono il posto delle mappe cartacee e sono maggiormente usate tra i mountainbikers in quanto il segnale satellitare è utile in caso di mancanza di indicazioni, come può accadere più spesso in un percorso di montagna o tra i boschi.
Vale la pena citare anche il recente servizio creato da Google, il motore di ricerca più famoso al mondo, che ha introdotto il calcolo dei percorsi per le biciclette su Google Maps. Il servizio, nato nel 2010 e disponibile solo negli Stati Uniti e in Canada, è recentemente approdato anche in Europa, ma solo in una decina di paesi, Italia esclusa12.
Il trasporto pubblico gioca un ruolo importante nel mercato cicloturistico. Infatti il mezzo più utilizzato per arrivare al percorso ciclabile prescelto è rappresentato dal treno. Inoltre il trasporto pubblico permette di rendere gli spostamenti più agevoli e rapidi in caso di affaticamento nelle tappe troppo impegnative, così come può rappresentare un luogo di riparo in caso di maltempo.
Sebbene sia sempre possibile caricare la bici in un aereo, non si può dire lo stesso per il treno. In Europa, come regola generale, si può dire che tale servizio è garantito da treni locali e regionali ad un modico prezzo o addirittura gratuitamente. Invece per quanto riguarda i treni a lunga percorrenza, cioè quelli che attraversano i confini nazionali, la situazione appare più critica: i posti bici, ove presenti, sono ridotti a pochi numeri. Ad ogni modo è giusto segnalare le compagnie maggiormente “amiche della bicicletta” che sono l’inglese Great North Eastern Railway (GNER) e la Ferrovia Federale Svizzera (SBB). In particolare, la Svizzera ha coinvolto le società di trasporto pubblico in un sistema integrato di servizi alla rete cicloturistica nazionale e ha presentato in una mappa i tratti raccomandati per il carico delle bici su vari mezzi (ferrovia, autobus, battello, seggiovia, funivia, funicolare).
Molte compagnie ferroviarie non vedono la bicicletta come un’opportunità in quanto: implica costi per adattare i materiali ferroviari al trasporto della bici; determina minori introiti a causa dei posti a sedere in meno, sottratti ai passeggeri per depositare le bici; costituiscono un intralcio nei confronti degli altri passeggeri; si accumulano maggiori ritardi a causa delle operazioni di carico e scarico delle bici; la domanda è stagionale; i cicloturisti preferiscono i treni regionali13.
L’Italia, sotto l’aspetto dell’intermodalità, presenta numerosi deficit. Coloro che dispongono di una bici pieghevole devono inserirla in una sacca e possono agevolmente salire a bordo in qualsiasi treno. La difficoltà maggiore è incontrata da chi ha una bici tradizionale in quanto solo in determinate fasce orarie può caricare il proprio mezzo. Dato il ridotto spazio a disposizione, i gruppi superiori a dieci persone devono fare richiesta direttamente alla Direzione Regionale competente almeno sette giorni prima della partenza. Per quanto riguarda i treni internazionali, non si posso trasportare a bordo bici se non piegate e riposte in una sacca, con l’eccezione di una ventina di treni provenienti o diretti in uno dei tre paesi di lingua tedesca.
In sintesi, avendo osservato come in molti paesi la rete degli itinerari ciclabili e la pratica del cicloturismo sia legata soprattutto al “tema” del paesaggio naturale, ne scaturisce una riflessione su come, in un Paese come l’Italia, lo sviluppo del segmento cicloturistico sia sicuramente più complesso ma anche potenzialmente molto più ricco, in quanto i percorsi turistici su pista ciclabile potrebbero offrire tematiche differenti integrate lungo uno stesso percorso o differenziate per percorsi e legate al paesaggio, all’archeologia, ai beni culturali, ai pellegrinaggi, all’enogastronomia e a molto altro ancora. Il lavoro da fare nei prossimi anni è innanzitutto quello sulla valorizzazione e promozione del ‘prodotto Italia’ che può comunque contare su diverse ed eccezionali singolarità.
C’è inoltre un altro aspetto molto importante da sottolineare che riguarda la potenzialità del cicloturismo di valorizzare le zone attraversate, anche quelle che risultano marginali rispetto alle migrazioni turistiche di massa, esercitando ricadute positive sull’economia locale e favorendo la nascita di iniziative imprenditoriali turistiche locali. In tale direzione, come peraltro si è visto in molti casi descritti, già da qualche anno molti paesi europei, dopo aver imboccato con convinzione la strada del cicloturismo, stanno orientando una parte cospicua dei propri investimenti nella realizzazione di itinerari ciclabili, con risultati che appaiono già estremamente promettenti.
1.3 I vantaggi del prodotto cicloturistico ed i benefici economici, ambientali e sociali Gli effetti che una vacanza in bici genera sul territorio si possono classificare in: impatto economico, ambientale e sociale. Va precisato che, per ciascuna categoria, si discuterà dei soli impatti positivi in quanto la letteratura e la pratica non hanno riscontrato negatività. Inoltre, le diverse classi di benefici sono interconnesse, così che, per esempio, i benefici sociali possono indurre a positività economiche e viceversa.
Uno studio condotto dal Parlamento Europeo ha tentato di stimare il volume e il valore economico del cicloturismo. Sebbene i dati siano generalizzati e in alcuni paesi la realtà sia sottostimata, mentre in altri sia sopravvalutata, lo studio fornisce una visione di massima a livello europeo. I risultati sono i seguenti: 2.300 milioni di escursioni giornaliere in sella l’anno, 20 milioni di ciclovacanze l’anno, 44 miliardi di ricavi l’anno, 9 miliardi dei quali arrivano dalle vacanze in bici14. Più dettagliata risulta la recente valutazione operata dal primo rapporto sull’economia della bicicletta e sulla ciclabilità nelle città di Legambiente15 che nell’arrivare a definire il peso economico della bici, ha fissato tutta una serie di informazioni particolarmente utili a comprendere l’importanza di una mobilità sempre più human powered. Come si può osservare nella tabella 3 sotto riportata, accanto all’economia direttamente originata dalle bici (la produzione e la vendita di bici e accessori e il mercato del cicloturismo), il report Legambiente ha calcolato il risparmio complessivo di carburante, i benefici sanitari, i benefici per la salute dei bambini, la riduzione dell’assenteismo, la riduzione dei costi ambientali delle emissioni gas serra, la riduzione dei costi sociali dei gas serra, il miglioramento della qualità dell’aria, il contenimento dell’impatto del rumore, il contenimento dei costi delle infrastrutture e dell’artificializzazione del territorio. Il risultato di 6,2 miliardi di valore economico della bici è, secondo Legambiente, sottostimato perché ci sono una serie di elementi positivi (es. la diminuzione dei tempi di percorrenza legati a una diminuzione della congestione, o la ricchezza generata da uno spazio pubblico di qualità) rispetto ai quali le informazioni statistiche non consentono ancora di definire con precisione il valore.
TABELLA N.3: VALORE ECONOMICO DELLA BICICLETTA IN ITALIA NEL 2015
I casi rinvenuti in letteratura mostrano cifre interessanti. A titolo esemplificativo, in Danimarca, il 13% del fatturato del settore turistico deriva dal turismo in bici (questa cifra però comprende anche le forme “soft”), in Germania rappresenta un mercato di ben 3,9 miliardi di euro. Tali benefici economici si possono presentare anche in destinazioni meno famose: nella regione del Münsterland, in Germania, il settore cicloturistico ha provveduto al 30% del fatturato totale annuo del comparto turistico (grazie alla ciclabile dei 100 castelli, la “Schlösser Route”, il “re” dei percorsi in bicicletta tedeschi: 960 km incontra piú di 100 palazzi, castelli, manieri e tenute di campagna per un viaggio attraverso la storia e la cultura dove ogni epoca ha lasciato il segno). Bisogna premettere che, diversamente da quello che si pensa nell’immaginario comune, il cicloturista non è un viaggiatore low budget. Pur con la consapevolezza che la capacità di spesa varia in base al paese d’origine (per esempio i Norvegesi spendono in media 90% in più degli Olandesi16), il consumo medio sembra attestarsi tra 50 e il 70 euro al giorno17. La propensione alla spesa sale se si effettua un viaggio organizzato. Inoltre, occorre tenere a mente che, coloro che viaggiano autonomamente, non possono portare con sé un bagaglio eccessivo, perciò sono costretti a spendere durante gli itinerari percorsi. Una ricerca inglese del 1997 ha approfondito questo tema e ha rilevato che “i cicloturisti spendevano di più rispetto agli escursionisti in auto (25 sterline contro 7,3 procapite escluso pernottamento) perché essi non potevano fare a meno di spendere localmente, soprattutto per la ristorazione, mentre gli escursionisti in auto provvedevano generalmente attraverso colazione a sacco preparata a casa e limitando la spesa in loco soprattutto al rifornimento di carburante”18.
Un altro fattore da tenere in considerazione quando si parla di benefici economici riguarda la stagionalità. Infatti per i vacanzieri la stagione va principalmente da maggio fino a fine agosto, ma per gli escursionisti questo periodo si allarga fino a comprendere alcuni mesi primaverili e autunnali. Nei paesi più caldi la stagione può iniziare anche prima, già da febbraio, come nel caso di Mallorca in Spagna. Nell’isola il cicloturismo è un settore in crescita ed è considerato un fattore importante nella riduzione della stagionalità.
Le ricadute positive sulle destinazioni che sfruttano questo segmento di domanda sono anche di tipo ambientale e si sviluppano principalmente verso due direzioni. Innanzitutto il cicloturismo è coerente con le politiche sempre più diffuse dalle amministrazioni locali che prediligono forme di spostamento sostenibile. Inoltre, a livello internazionale, tra i temi dell’agenda dell’Unione Europea, si fa spesso riferimento a soluzioni e progetti volti a ridurre il riscaldamento globale e all’incentivazione dell’uso di energie alternative. La bici è indubbiamente un mezzo di trasporto eco sostenibile, in quanto il suo funzionamento esclude l’uso di fonti di energia non rinnovabili e inquinanti. Oltre a ridurre l’inquinamento ambientale, ha conseguenze positive anche sull’impatto acustico che risulta minore rispetto a quello prodotto dai mezzi motorizzati. Bisogna tuttavia precisare che spesso il cicloturista non sale in sella alla bici appena uscito di casa, ma deve recarsi nel luogo di partenza del viaggio con mezzi motorizzati. Di solito questo spostamento avviene facendo uso dei mezzi pubblici come treno o autobus che hanno delle ricadute negative sulla qualità dell’aria, l’inquinamento e la congestione. Tuttavia, lo studio condotto dal Parlamento Europeo “The European Cycle Route Network Eurovelo Study” ha dimostrato che anche in questo caso le vacanze in bici combinate con altri mezzi pubblici producono molte meno emissioni rispetto ad altri tipi di vacanza (piani di trasporto urbano sostenibile – SUTP).
Il secondo aspetto legato ai benefici ambientali è connesso alla riqualificazione territoriale: la stessa FIAB, ma anche altre associazioni, si stanno muovendo per recuperare i tracciati delle ferrovie dismesse (in Italia si contano più di 5.000 km ferroviari dismessi19), argini dei fiumi, strade ed aree sottoutilizzate. In particolare, per quanto riguarda le ferrovie inutilizzate, esse costituiscono una grande opportunità “in quanto i sedimi sono già disponibili e le opere d’arte, i ponti, gallerie, muri di sostegno e manufatti sono spesso ancora in buone condizioni, ma soprattutto in quanto le ferrovie risalgono le valli con pendenze dolci e perfettamente compatibili con la mobilità ciclistica”20. Un esempio che mi tocca da vicino riguarda la ex ferrovia militare Ostiglia – Treviso che ho esplorato a piedi per la prima volta nel 1998: in quegli anni si discuteva se riattivarla o in alternativa costruire una superstrada. Insieme ad alcuni amici abbiamo lanciato provocatoriamente l’idea di una ciclabile: utopia allora, ma che oggi è diventata realtà (www.ostigliaciclabile.it).
La stessa valorizzazione può essere apportata a beni culturali e ambientali situati lungo gli itinerari ciclabili che solitamente vengono recuperati e promossi poiché inclusi nei piani di sviluppo del cicloturismo. In particolari casi, quando gli itinerari si sviluppando all’interno di aree protette, è necessario che gli utenti non entrino in contatto con le esigenze di tutela della flora e della fauna, in modo da garantire l’integrità dell’ambiente circostante.
Al contrario dalle altre tipologie di impatto, i benefici sociali sono complessi da identificare e quindi di difficile quantificazione. Si può però affermare che al contrario di altre forme di vacanza, come quelle praticate in resorts, villaggi turistici e navi da crociera, caratterizzate dall’assenza di interazione tra i turisti e la comunità locale, il cicloturismo implica un rapporto molto profondo con il territorio inteso nel suo complesso. Non si può negare che il rapporto tra popolazione residente e viaggiatori possa essere anche conflittuale, tuttavia il cicloturismo solo in taluni casi muove una massa numerosa. Ciò implica che è “uno di quei prodotti che impattano dolcemente sul sistema socio-culturale locale, inducendo diverse ricadute positive”21. La caratteristica interessante dello sviluppo di una rete ciclabile è che induce a vantaggi di tipo sociale connessi alla sfera economica. Questo è il caso di destinazioni poco conosciute e marginali rispetto alle attrazioni turistiche di massa. In tale contesto il cicloturismo può rappresentare il volano per la nascita di piccole economie (ristoranti, bed & breakfast, campeggi ecc.) in comunità locali escluse dalle politiche turistiche. È il caso della ciclabile della Valsugana che ha portato ad un considerevole aumento del settore alberghiero grazie alla realizzazione e divulgazione della guida “Ciclovia del Brenta” prodotta in italiano e tedesco da Ediciclo Editore.
Il ruolo del cicloturismo è quello di indurre i viaggiatori all’uso della bici per uso turistico, in modo da trasferire i suoi valori anche nel vissuto quotidiano. Quindi, la promozione del cicloturismo può essere un valido strumento per modificare i comportamenti di spostamento in ambito urbano e diffondere uno stile di vita sano e benefico. Sotto l’aspetto più pratico, si può affermare che un uso regolare della bicicletta apporti notevoli benefici legali alla salute e alla forma fisica, che si traducono in un notevole risparmio di denaro per la comunità. Infatti una popolazione sana e in forma comporta una minore spesa di sanità pubblica (Rapporto Annuale 2016 “Il sistema della protezione sociale e le sfide generazionali” cap. 5).
CAPITOLO SECONDO: LA BICICLETTA IN ITALIA Il Touring Club Italiano, a seguito di un accordo nazionale con la Scuola Italiana Mountain Bike (SIMB), propone delle guide turistiche con una selezione di 100 itinerari consigliati in tutta Italia22. Ci sono poi turisti tedeschi che arrivano alle nostre frontiere in bici e vogliono pedalare anche nel territorio italiano: tra gli itinerari esteri più amati dai tedeschi la Via Claudio Augusta e la Ciclovia dell’Adige sono rispettivamente al secondo e terzo posto23. La prima si sviluppa nella regione bavarese della Germania e, dopo aver attraversato il Trentino Alto Adige e Verona, arriva ad Ostiglia (intersecandosi con l’ex ferrovia militare che giunge sino a Treviso e che a sua volta si interseca con la Ciclovia del Brenta); la seconda segue le sponde del corso naturale del fiume Adige (di qui anche la realizzazione dell’anello cicloturistico dei quattro fiumi) che si espande dal confine austriaco fino a Chioggia (intersecandosi con la Ciclovia del Mincio e con l’appena citata Ciclovia del Brenta), passando prevalentemente per il Trentino Alto Adige. Quest’ultima regione, infatti, è la terza destinazione estera preferita dai tedeschi, seguita solo da Austria e Olanda. Da citare anche la più recente Ciclovia Alpe Adria (“Miglior Ciclabile dell’Anno 2015” – Fiera del turismo attivo Amsterdam e “Oscar del Cicloturismo”- Cosmobike di Verona del 2016) che partendo da Salisburgo, attraversa le Alpi, percorre una vecchia linea ferroviaria dismessa per toccare Tarvisio, Gemona, Udine, Aquileia e giungere ad affacciarsi all’Adriatico a Grado.
Da tutto ciò s’intuisce che c’è una domanda di cicloturismo e che qualcuno ha saputo rispondere con un’offerta adeguata. Eccetto qualche singola realtà, ci si chiede se esista un prodotto cicloturistico nazionale di qualità e capace di competere con gli altri paesi europei.
Risalendo nella storia della bicicletta in Italia, la due ruote si diffonde ampiamente anche nel nostro paese, prima come mezzo di svago ad uso sportivo ed agonistico e successivamente come strumento di lavoro quotidiano24. Le due ruote rivestono un ruolo importante nella storia italiana: infatti, all’epoca, la bici permetteva spostamenti rapidi e consentiva una veloce diffusione di notizie e informazioni e poteva dare vita ad improvvise operazioni di guerriglia e all’organizzazione di movimenti di massa25. Definita persino “strumento terroristico”26, viene bandita in alcuni paesi europei, compresa l’Italia: è vietata la circolazione in bicicletta e con altri mezzi simili a Milano nel 189827 e a Bologna nel 194428. Tuttavia tali limitazioni vengono presto rimosse in quanto il velocipede è il principale mezzo di trasporto non solo dei partigiani, ma anche della massa operaia. Contemporaneamente, questo mezzo entra a far parte della storia dello sviluppo turistico. Dopo la nascita del primo club di escursionisti ciclisti in Inghilterra nel 1878, denominato Bicycle Touring Club, ne seguono altri un po’ in tutto il mondo. Anche in Italia si formano piccole società simili, ma è solo nel 1984 che quest’ultime vengono unite per dar vita al Touring Club Ciclistico Italiano che vuole promuovere il ciclismo per far conoscere e amare l’Italia, nonché supportare gli interessi dei suoi praticanti. A tal proposito, undici anni dopo, si assiste alla prima grande manifestazione del club, a cui partecipano 70 soci: una sorta di passeggiata su due ruote dal Milano a Roma, che riscuote molto successo29. Si potrebbe definire come uno dei primi viaggi cicloturistici organizzati. L’attività svolta dall’associazione è molto innovativa: “propone le prime piste ciclabili, installa cassette di riparazione e pronto soccorso medico lungo le strade, collabora alla stesura del primo Regolamento di Polizia Stradale, contribuisce all'abbellimento delle stazioni ferroviarie, avvia la realizzazione e l'impianto di cartelli stradali turistici”30.
Sicuramente il club ha contribuito a dare un nuovo impulso al turismo e alla scoperta dell’Italia attraverso la passione per la bici, tuttavia già alla soglia del nuovo secolo nasce la FIAT e si sviluppano altre case automobilistiche. Nel corso del ‘900 questo mezzo rivoluziona la concezione di tempo e spazio, permettendo ad una massa di persone di spostarsi e raggiungere luoghi impensabili prima. La crisi petrolifera degli anni ’70, l’attuale aumento dei prezzi del carburante e una maggiore consapevolezza ambientale stanno, però, dando una nuova opportunità al vecchio velocipede. 22 Vedi TOURING CLUB ITALIANO, Giro in Italia, 50 itinerari di turismo dolce, Nord – Centro (2010), Giro in Italia, 50 itinerari di turismo dolce, Centro – Sud (2009), Italia in bicicletta (2013), Touring Editore, Milano 23fahrradtouristischen Markt, Internationale Tourismus – Börse Berlin, ITB, ADFC, 2013 JENNERT R. FROITZHEIM T, ADFC – Radreiseanalyse. 14. Bundesweite Erhebung zum 24 TOURING CLUB ITALIANO, 90 anni di turismo in Italia, Milano, 1984, Pag. 29 – 30 25 PANI P. Salva i ciclisti, Chiarelettere editore, Milano, 2012, pag. 74
26 Ivi pag. 82
27 Ivi pag. 74 28 Ivi pag. 82
29 TOURING CLUB ITALIANO, 90 anni di turismo in Italia, Milano, 1984, pag. 30
30 Touring Club Editore: la storia in http://www.touringclub.com/media/pdf/storia_te_dicembre2013.pdf
2.1 In Italia si pedala? L’Italia presenta uno dei più alti indici di motorizzazione al mondo ed il trend è in forte crescita, secondo Legambiente31, infatti se nel 1991 c’erano 510 autovetture ogni 1.000 abitanti, nel 2009 se ne contano oltre 600, a cospetto della media europea32 che si attesta a 46333.
Per quanto riguarda la presenza di piste ciclabili, in Italia ci sono città che pedalano di più rispetto ad altre: la media si attesta attorno ai 13,3 km di ciclabili ogni 100 km2 di superficie comunale34.
Anche senza confrontare il dato con quello di altre città cycle – friendly, s’intuisce subito che quei 13 km possono contribuire solo in minima misura all’incentivazione dell’uso della bicicletta. Si tratta comunque di un dato di massima e sarebbe interessante approfondirlo in modo da analizzare anche le caratteristiche qualitative, che possono riguardare la continuità della pista, la sicurezza, la segnaletica, la conoscenza di tale infrastruttura tra i cittadini e così via.
Sebbene siano pochi i chilometri a disposizione della bici, è interessante notare che l’estensione delle piste ciclabili urbane in Italia è triplicata in dieci anni e ad oggi totalizzano 3.227 km. Tuttavia tale dato misura solo lo stato di fatto nei centri urbani, e non l’uso che ne fa la comunità: la quota modale degli spostamenti in bici dei cittadini invece che aumentare in proporzione, è al contrario diminuita. La crescita era avvenuta tra il 2004 e il 2007, quando l’utilizzo delle due ruote era addirittura raddoppiato (passando dal 2% al 4%), ma l’ultima rilevazione ha registrato un calo e attualmente la percentuale si attesta attorno al 3,5%35. Anche Legambiente conferma, nel “1* rapporto sull’economia della bici in Italia e sulla ciclabilità nelle città” (maggio 2017) che - nonostante siano 1.246 i nuovi chilometri nelle città capoluogo di provincia realizzati tra il 2008 ed il 2015, con un incremento delle infrastrutture riservate a chi pedala del50% - la percentuale di italiani che utilizzano la bici per gli spostamenti è rimasta invariata: 3,6% nel 2008, così come nel 2015.
La rappresentazione che segue offre informazioni preziose: innanzitutto aiuta a capire quali sono le carenze e i pericoli percepiti da chi usa o vorrebbe usare la bici negli spostamenti quotidiani; allo stesso tempo dà informazioni circa la domanda latente che si riferisce a chi sarebbe disposto a pedalare se solo ci fossero le condizioni ottimali. Queste ultime sono principalmente da ricondurre all’esistenza di una vera rete ciclabile e alla percezione di insicurezza sulla strada.
TABELLLA N.4: SONDAGGIO SULL’USO DELLA BICICLETTA
FONTE: ISFORT, Gli italiani e la bicicletta: dalla “riscoperta” alla crescita mancata, Le fermate audiomob sulla mobilità n. 15, 2012.
In sostanza, bisogna ribadire il concetto che non serve (solo) offrire più infrastrutture in termini quantitativi, ma le amministrazioni dovrebbero tenere conto anche della qualità: un tema scottante e che io peraltro ho vissuto ed affrontato in prima persona nella realizzazione di cicloguide (partendo dalla scansione dei percorsi) risponde alla domanda sul come si può girare in bici in ciclabili che s’interrompono continuamente?
Un’altra questione che sorge spontanea e che è già stata trattata in questa sede riguarda la realizzazione delle infrastrutture. Sembra che spesso la loro costruzione sia funzionale soprattutto all’immagine dell’amministrazione, che in tal modo può dimostrare di aver fatto qualcosa di concreto per la viabilità dolce. In realtà la costruzione di piste ciclabili non è l’unica soluzione per favorire l’utilizzo di mezzi a basso impatto ambientale: «le ciclabili sono necessarie sui grandi assi urbani di scorrimento, dove effettivamente la convivenza con auto e bici è difficile [...], mentre tutta la viabilità secondaria deve avere caratteristiche tali da rendere possibile una felice coabitazione di mezzi diversi: piedi, pedali, minori. Dal momento che la bici è un mezzo di trasporto, le politiche che la riguardano non devono avanzare un pezzetto di ciclabile alla volta, ma devono essere parte integrante di un sistema di trasporti più sostenibile36. Quindi non si può costruire infrastrutture se dall’altra parte ci sono politiche di incentivazione all’acquisto e all’uso dei mezzi motorizzati: sono necessari approcci coerenti. Questi possono essere per esempio le zone a traffico limitato o con limite di 30 km/h, i dissuasori di velocità, campagne pubblicitarie e d’informazione. Queste ed altre politiche sono state adottate da città come Ferrara, Bolzano, Parma, che, pur non offrendo molte piste ciclabili, permettono la normale convivenza tra pedoni, ciclisti e automobilisti e rappresentano delle best practice in materia di mobilità dolce. Altri dati interessanti arrivano dal bike sharing, ossia il sistema di condivisione della bici a prezzo contenuto. Tale strumento, dopo essere stato adottato da molte capitali europee, si sta diffondendo in tutto il continente e in molte città italiane: sono 150 i comuni che offrono un parco bici di circa 10.000 unità, che tuttavia sembrano essere ancora poche. Il bike sharing è utile sia per i cittadini poiché permette loro di raggiungere i posti in minor tempo possibile, sia per i turisti che vogliono fare un’escursione giornaliera o un tour della città37. 31 L’indagine di Legambiente riguarda gli spostamenti quotidiani (principalmente quelli casa – lavoro) nei capoluoghi di provincia italiani. Sebbene non sia legata all’uso turistico, è utile a comprendere le abitudini degli italiani e delle amministrazioni locali, sull’ipotesi che un maggiore uso quotidiano comporta anche un maggiore utilizzo della bici per motivi ricreativi e di svago (come può essere per esempio nel caso di un viaggio vacanza). 32 L’Unione Europea a 27 paesi
33 L’a-bici – Numeri, idee, proposte sulla mobilità ciclabile, Legambiente, 2010 pag. 3. 34 Ivi pag. 8
35 ISFORT, Gli italiani e la bicicletta: dalla “riscoperta” alla crescita mancata, Le fermate audiomob sulla mobilità n. 15, 2012, pag. 1
36 L’a-bici – Numeri, idee, proposte sulla mobilità ciclabile, Legambiente, 2010, pag. 11 37 Ivi pag 19.
2.2 L’offerta cicloturistica italiana e l’esempio del Trentino Alto Adige Nonostante sempre più cittadini affermano di pedalare soprattutto per trascorrere il tempo libero38, la quota modale degli spostamenti quotidiani degli italiani in bici è diminuita nel tempo. Si tratta quindi di un uso ricreativo, come può essere il caso di un’escursione al parco o di un viaggio lungo itinerari protetti.
Dalla verifica sul sito specializzato www.piste-ciclabili.com che raccoglie gli itinerari cicloturistici italiani ad oggi calcola l’esistenza di 73.838 km39. Il dato è puramente indicativo, in quanto comprende sia veri e propri itinerari ufficiali, che quelli segnalati e disegnati sulla mappa dagli utenti del sito, perciò si tratta anche di strade a viabilità minore ma sprovviste di indicazioni segnaletiche. Questa particolarità del sito è molto interessante, in quanto viene “messo in pratica” il concetto ribadito più volte che non è strettamente necessaria la costruzione di una pista ciclabile in sede propria, ma si possono sfruttare le strade di campagna o quelle minori dove il traffico è molto contenuto (le cicloguide a mia cura ne sono un pratico esempio). Dalla mappa presente nella pagina principale si nota subito che la maggior concentrazione di percorsi si trova al nel nord Italia e tale dato risulta confermato anche dalle statistiche40. In effetti, ciò è coerente con il comportamento degli italiani, i quali fanno un maggior utilizzo del mezzo ecologico proprio in tale zona d’Italia.41
Soprattutto nel nord Italia è confermata la presenza nel web di siti internet di amministrazioni che promuovono il loro territorio attraverso una vacanza in bici o che hanno in corso un progetto in tale direzione.
Il Trentino, propone la sua offerta tramite un unico sito web42 (www.ciclabili.provincia.tn.it) nel quale sono presenti, per ciascun percorso ciclabile, una descrizione dettagliata (con informazioni anche sull’altimetria, la tipologia di fondo, il collegamento con altre piste), una mappa, le tracce GPS da scaricare e una cicloguida. Quest’ultima si può acquistare via web ma sembra rivolta ai turisti italiani in quanto non viene offerta una traduzione in altre lingue, mentre il sito web può essere visitato anche da chi conosce l’inglese.
Simile al Trentino la pubblicizzazione del cicloturismo in Piemonte (provincie di Asti, Cuneo e Alessandria) attraverso il sito web www.piemonteciclabile.com, nel quale i contenuti sono organizzati in modo simile. Con un valore aggiunto rappresentato dalla sezione “proposte turistiche” che presenta idee di itinerari, da uno a cinque giorni, a tema. Scegliendo l’itinerario, questo viene visualizzato in una mappa e, attraverso una selezione di filtri, si possono visualizzare meteo, fotografie, i servizi e tutte le strutture ricettive lungo la via, oppure solo quelle definite “Bikers’ Friend”. Le varie proposte non sono acquistabili via Internet, ma è necessario informarsi presso i centri IAT della Regione.
Virtuosa anche la Liguria che intende offrire più linee di prodotto che si integrano tra loro: turismo natura (quindi sentieri di trekking e di biking), turismo enogastronomico, dei borghi e delle tradizioni storiche – culturali, questo ritengo perché è caratterizzata da un sovraffollamento delle coste in estate (mare), ponendosi l’obiettivo di una ridistribuzione più equa dei flussi turistici e di un maggior coinvolgimento dell’entroterra. In questo ambito rientra l’implementazione del progetto, rete ciclabile della Liguria (RCL) in collaborazione con FIAB: ad oggi esistono già 553 km di percorsi ciclabili, ma a vederli nella mappa risultano macchie sparse nel territorio. Infatti, non sono collegati tra di loro nell’ottica di una rete, anche se questo sarà l’obiettivo finale del progetto: offrire un network di 894 km di itinerari ciclabili. Il progetto prevede il recupero, ove possibile, dei tracciati ferroviari dismessi e ad oggi ne sono già stati riconvertiti una parte. Inoltre, è stato stipulato un accordo con le Ferrovie Italiane per garantire la gratuità del trasporto del mezzo nei treni regionali43. La Valle D’Aosta, offre maggiori itinerari su strade sterrate e su bike park, costruiti appositamente per gli amanti della mountain – bike e dotati di particolari strutture, mentre l’offerta di itinerari cicloturistici in senso stretto è minore. Non esiste un sito web istituzionale della Regione, ma tale offerta è ben veicolata dall’ Associazione Club Bike Vda che, attraverso il sito Internet44, propone itinerari per varie discipline (cross-country, free ride, down-hill, bici da corsa e cicloturismo). Si tratta di una proposta molto interessante in quanto, grazie alla naturale conformità geomorfologica, molto varia ed anche organizzata. Si possono acquistare pacchetti che includono l’alloggio, in parte il vitto e altri servizi, in base alla tipologia del pacchetto prescelto. Questi sono pensati sia per chi cerca il brivido, offrendo oltre all’escursione in mountain – bike anche una giornata adrenalinica con attività come deltaplano, rafting, volo aereo, sia per chi ama la filosofia “slow”, perciò con proposte che abbinano una passeggiata in bici con la degustazione di piatti e vini tipici. A disposizione di tutti c’è un team di maestri (Istruttori della Scuola Italiana Mountain Bike) e una rete di bike hotel, in grado di offrire servizi adatti ai cicloturisti e ciclo escursionisti. L’Emilia Romagna, grazie anche a Ferrara, la “città delle biciclette”, occupa uno spazio autorevole nel panorama internazionale. In queste aree la percentuale di utilizzo della due ruote si avvicina al 30% al pari delle città danesi e olandesi (in Italia come detto siamo attorno al 3,5%). Grazie a Ferrara l’Emilia Romagna ha perfezionato una rete cicloturistica interessante: essa presenta una direttrice principale che collega le maggiori città della Regione (Parma, Modena, Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlì e Faenza) dall’Appennino al mare, suddiviso in 11 percorsi. Da questo si diramano 13 varianti che visitano i borghi e le periferie dei capoluoghi emiliani. Il sito web45 che promuove il cicloturismo è molto funzionale: permette di scaricare gratuitamente una mappa dalla quale si può vedere dove si trovano gli uffici di informazione, le stazioni dei mezzi di trasporto pubblici e i bike hotel con i relativi servizi offerti. A ciascuna struttura ricettiva sono associate le coordinate GPS, in modo da essere localizzare facilmente, e la loro distanza dall’itinerario più vicino. Nel web si possono scaricare gratuitamente i road book dei percorsi, che fungono da vere e proprie guide dettagliate. Ad ulteriore comprova dell’interesse della Regione nei confronti del cicloturismo la nascita e il consolidarsi di numerosi club di prodotto nel settore dell’ospitalità per gli amanti della bici. Infatti già nel 1998 nasce il Riccione Bike Hotels, due anni dopo Italy Bike Hotels che si estende in quasi tutta Italia e in tempi recenti Rimini Bike Hotel46. Anche in questo caso obiettivo fondamentale il destagionalizzare l’offerta turistica e convogliare i flussi turistici anche nell’entroterra: come in Liguria.
Per quanto riguarda, invece l’Italia centro meridionale le regioni più all’avanguardia sono l’Umbria e la Toscana, sebbene siano diverse le amministrazioni che cominciano a fare i primi passi verso l’organizzazione di un’offerta orientata ai viaggiatori su due ruote. L’Umbria propone 71 percorsi divisi in bici da strada, mountain – bike e percorsi a tappe. Poi in base ad uno specifico interesse. Anche questa Regione ha identificato le strutture adatte all’accoglienza dei viaggiatori su due ruote, sulla base del rispetto di un disciplinare che prevede diversi requisiti. Il sito di promozione del cicloturismo47 offre l’elenco di tali strutture, così come permette di conoscere i centri di assistenza specializzati. L’Umbria sembra essere una delle poche regioni che ha osato di più: ha creato un’applicazione gratuita per i cellulari di moderna generazione che funziona da vera e propria guida. Il settore cicloturistico della Toscana, grazie alla crescente domanda di turisti provenienti soprattutto dai paesi di lingua inglese, si è molto sviluppato principalmente nell’area del Chianti definita “Chiantishire”48. Si tratta della Regione italiana più promossa dai tour operator stranieri, specialmente da quelli tedeschi (Austria, Germania, Svizzera) e anglofoni (U.S.A., Canada, Regno Unito)49. A disposizione dei turisti in bici un portale50 che permette di scegliere tra quattro tipi di itinerari suddivisi per tipologia di utente e difficoltà. Tutti i percorsi sono georeferenziati e il sistema di filtri permette di conoscere dove si trovano ospitalità, noleggio e parcheggi bici, accessori lungo la via e di visualizzarli sulla mappa. Il sito regionale raccoglie le proposte ideate dalle varie province, presenta le informazioni principali per delegare al sito ufficiale provinciale il compito di fornire più notizie. Da citare il tour I Bike Florence51 ideato da Florence Town Tour Operator, come risposta al walking tour della città, una visita di due ore e mezzo della capitale in bicicletta con una guida specializzata, noleggio bici e gelato. Questa grande richiesta ha portato il tour operator a ideare una seconda proposta: il tour del Chianti chiamato U Bike Tuscany, della durata di sette ore nella medesima modalità del primo tour. Per entrambe le gite si può verificare la disponibilità via internet e procedere alla prenotazione (a tariffe veramente abbordabili). Obiettivo futuro espandere ulteriormente l’offerta puntando ad una proposta di più giorni con partenza da Firenze e arrivo a Siena e in Val d’Orcia52.
Detto questo si può ipotizzare che la crescita nel settore cicloturistico sia avvenuta maggiormente al nord e al centro perché le amministrazioni hanno voluto sfruttare il successo delle regioni confinanti, tutte quante leader nel settore della bicicletta. Infatti una maggiore percentuale di utilizzo del mezzo porta a pensare che all’aumentare dell’offerta aumenti anche l’uso della bicicletta, non solo nella quotidianità ma anche nel tempo libero.
In ambito turistico, la tipologia del viaggiatore in bicicletta viene spesso considerata come soluzione ottimale per destagionalizzare i flussi turistici facendoli veicolare anche nell’entroterra, in modo da ridurre la loro concentrazione lungo le coste (è il caso di Liguria ed Emilia Romagna) e distribuire in modo più “equo” i benefici economici. È emerso anche che il “prodotto bici”, inteso in senso lato, può essere proposto sia da un ambiente costiero come prodotto complementare al tema mare, sia da un territorio prevalentemente collinare o montuoso, in tale caso verrà declinato in una proposta mirata agli appassionati della mountain – bike. Ci sono proposte anche combinate di percorsi in bici associati a tour enogastronomici (“cicloenoturismo”), proposte di tour più creativi della città, da fare appunto in bici, che permettono di visitare più attrazioni grazie alla maggiore velocità di spostamento e probabilmente consentono di vivere un’esperienza più profonda e coinvolgente.
Anche la comunicazione risulta più dinamica e creativa: i siti web, seppur a volte incompleti, offrono quasi sempre la georeferenziazione dei percorsi e mettono a disposizione delle brochure e qualche volta anche dei roadbook; non ancora diffuse le applicazioni per gli smartphone per i ciclisti più tecnologici.
Quanto all’ospitalità si rilevano proposte più orientate alle esigenze dei turisti su due ruote: sempre più strutture si associano a Albergabici: un’offerta molto variegata, che prevede strutture di tutti i tipi e per tutte le tasche, ma dotate almeno di standard minimi. Il settore cicloturistico è caratterizzato da un pubblico eterogeneo al suo interno. Considerando che l’espansione di queste strutture va di pari passo con l’ampliarsi dell’offerta ad oggi non sono equamente distribuite nel territorio nazionale.
Il quadro delineato attraverso le realtà sia pur velocemente descritte evidenzia un’immagine frammentata e disconnessa del settore cicloturistico in Italia: di fatto ogni Regione si occupa di sviluppare e promuovere solo le strutture e le infrastrutture nel suo territorio, limitandosi ai propri ambiti amministrativi. Raramente viene messa in risalto la continuità delle vie ciclabili, tanto che anche di un semplice itinerario che costeggia un fiume si possono trovare nel web tanti siti internet quante sono le regioni che esso attraversa. Tale ostacolo risulta, qualche volta, superato dalla collaborazione tra le varie amministrazioni regionali che partecipano a progetti per valorizzare l’attrattiva turistica che condividono. È proprio il caso, per esempio, della cicloguida di cui al capitolo quarto intitolata “Anello Cicloturistico dei quattro fiumi” che trasporta i turisti in un viaggio circolare (ad anello per l’appunto, consentendo un inizio ed una fine a scelta) in bici per 553 km, lungo il corso di quattro fiumi, attraverso ben quattro regioni53. Quindi, eccetto qualche caso, “emerge la mancanza di un raccordo a livello nazionale e la incapacità di “fare sistema” dei diversi operatori coinvolti. Sulla qualità di molte proposte (...) influiscono infatti, in maniera negativa, i limiti amministrativi, e quindi anche burocratici, nei quali risulta confinata la progettualità da parte dei soggetti proponenti l’offerta stessa: ne scaturisce quindi la sua parcellizzazione e disomogeneità nelle diverse aree geografiche della nostra Penisola”54.
Patrimonio ambientale e naturale, propensione al turismo natura e attivo, unitamente alla dislocazione geografica (ai confini con i paesi tedeschi che del cicloturismo hanno creato una meta ambita per i suoi fruitori) rendono il Trentino-Alto Adige la Regione dove il turismo in bici presenta la maggiore concentrazione di itinerari ciclabili in Italia55. La legge provinciale in tema di piste ciclabili56ciclabili introdotta nel 1988 (ben dieci anni prima della legge nazionale e aggiornata nel 201057) ha consentito al Trentino di progettare e realizzare le prime piste ciclabili già alla fine degli anni ’80, pensate inizialmente per soddisfare le esigenze di svago e tempo libero dei cittadini residenti: si tratta di vere e proprie vie di comunicazione per la mobilità lenta, dolce. Solo in anni recenti la Provincia ha intuito il potenziale turistico di tali infrastrutture, promuovendole all’interno dell’offerta turistica.
La rete oggi è composta da circa 550 km, si estende dal Garda alle Dolomiti e tocca paesaggi prevalentemente collinari e verdi58. Sono ben 11 i percorsi tutti dotati di una specifica segnaletica e caratterizzati da diversa lunghezza, difficoltà e dislivello. Alcune di queste ciclabili rivestono un ruolo di particolare interesse in quanto a lunghezza, bellezza del paesaggio e attrattività turistica. È l’esempio della ciclabile della Valle Dell’Adige (96 km), la ciclabile della Val di Sole (35 km), la ciclabile della Valsugana (48 km), la ciclabile del Garda – Basso Sacra (19 km).
Inoltre, lungo questi tracciati sono presenti dei Bicigrill, particolari strutture pensate per turisti ed escursionisti, che svolgono una triplice funzione: 1) ristorativa, distribuendo bevande e generi alimentari legati all'attività sportiva. 2) assistenza, mettendo a disposizione piccole attrezzature idonee alla manutenzione delle biciclette. 3) informativa, distribuendo materiale informativo e offrendo assistenza attraverso personale qualificato per promuovere le possibilità di escursionismo in bicicletta e le attività culturali nel territorio limitrofo59. Tali strutture possono qualificarsi come “amici dei bambini”60, cioè possono prevedere particolari servizi, pacchetti e tariffe rivolte alle esigenze dei bambini e più in generale della famiglia. Si tratta di un’iniziativa curiosa, soprattutto tenendo conto che la maggior parte dei turisti che pedala lungo queste strade proviene dai paesi tedeschi e dall’Olanda, ossia persone che siamo abituati a vedere con un carrello al seguito, nel quale è comodamente seduto il bambino.
Secondo una recente indagine risulta che le ciclabili del Trentino sono percorse da 1.400.000 fruitori, circa il 40% sono residenti, in misura uguale sono turisti, mentre il restante 16% è rappresentato da escursionisti61. Tra tutti i turisti, quelli stranieri sono la maggioranza, così come la gran parte fa un uso intenso della bici ma soggiorna stabilmente in provincia per tutta la durata della vacanza (si potrebbero definire cicloescursionisti), mentre chi viaggia in bici e dorme ogni notte in un luogo diverso (cicloturisti62) pesa per quasi un 30%. Questi ultimi sono quasi tutti stranieri e fanno largo uso dell’intermediazione turistica, hanno una propensione di spesa maggiore rispetto ai cicloescursionisti. Dato che la maggior parte arriva dai paesi di lingua tedesca e dall’Olanda, essi pedalano dal Nord verso il Sud con meta finale il Trentino-Alto Adige, la Lombardia e il Veneto, perciò quasi tutti utilizzano anche altri mezzi per l’andata e/o il ritorno. La maggior parte dei viaggiatori pedala lungo la ciclabile del Garda, si tratta soprattutto di cicloescursionisti: si parla di un quarto del totale dei turisti del Garda (oltre 100 mila) capaci di generare una ricaduta economica diretta di circa 75 milioni di euro.
Invece, nella Valle dell’Adige, le persone che pedalano sono soprattutto residenti, tuttavia la minoranza dei turisti è composta quasi interamente da cicloturisti che soggiornano lungo la via per una sola notte (con una ricaduta stimata intorno ai 200 mila euro): la forte presenza di questi ultimi può essere dovuta sia al collegamento con la rete austriaca attraverso il Brennero e la Val Pusteria, sia in conseguenza del fatto che è la via ideale per chi ha come meta finale una località italiana o ancor meglio il lago di Garda. Anche lungo la ciclabile della Valsugana prevalgono gli escursionisti, soprattutto quelli provenienti dal Veneto, che si concentrano nella tratta tra i due laghi di Levico – Caldonazzo, che perciò costituiscono un fattore di attrazione.
Infine in Val di Sole ci sono molti turisti, ma di questi nessun cicloturista, probabilmente perché la zona si presta maggiormente per altri tipi di percorsi, ossia per gli utenti della mountain – bike. In questa valle il mezzo pubblico più importante per il trasporto bici è il Dolomiti Express, un treno che può trasportare fino 60 bici a costi molto popolari.
L’esempio del Trentino è utile a capire come un territorio possa essere valorizzato attraverso la dotazione di infrastrutture adatte all’evoluzione delle esigenze del popolo dei viaggiatori. Sebbene ci siano ancora alcuni aspetti da sviluppare e migliorare come la segnaletica spesso scarsa e non uniforme, la mancanza di indicazioni sulle risorse storiche e culturali lungo la via, la carenza di una rete di strutture con servizi dedicati alle bici, è molto evidente che l’offerta cicloturista trentina rappresenta un punto di riferimento a livello nazionale e dimostra il desiderio di tale amministrazione di conoscere il profilo degli utenti delle sue ciclabili e quantificare l’attrattività turistica di tale prodotto.
A Trento inoltre ha sede la Scuola Italiana Mountain Bike (SIMB). È rappresentata dal Centro Sportivo Educativo Nazionale (CSEN), ente di promozione sportiva riconosciuto dal CONI. Le attività realizzate dalla SIMB sono un’ulteriore conferma della volontà di fornire risposte ai ciclo utenti, accrescere l’attrattiva turistica e essenzialmente improntate alla formazione di Istruttori di Mountain Bike e Guide Cicloturistiche, abilitate all’accompagnamento e all’assistenza di cicloturisti e cicloescursionisti. La scuola, promuove le attività attraverso le associazioni e le scuole in cui operano i suoi affiliati in tutta Italia. Dal 2011 è stato avviato il progetto “Cicloturismo Italiano” attraverso il quale le Guide Cicloturistiche e gli Istruttori affiliati pubblicano periodicamente le proprie iniziative, manifestazioni, proposte di escursioni e percorsi, attraverso i portali gestiti dalla scuola (www.simb.com e www.cicloturismoitaliano.it), offrendo la possibilità di prenotare l'accompagnamento delle escursioni, con la garanzia di una competente guida che conosce il territorio. Dal 2014 inoltre è attiva una collaborazione con il Touring Club Italiano con il quale sono stati redatti diversi volumi ciclistici (Mountain Bike in Italia – Guide Sport) ed un accordo che riserva ai suoi associati delle interessanti agevolazioni per le escursioni gestite dagli Istruttori SIMB. Collaborazioni sono in corso con Ikea ed Eurocredit/Kompass per l’edizione di guide specializzate, con Sint Selecard, Erasmus for young entrepreneurs per agevolazioni agli associati. Attive anche sinergie con molte Aziende per la Promozione Turistica, Comunità Montane e Tour Operator.
Di idee innovative e di nuovi approcci c’è sempre tanto bisogno: questo per utilizzare al meglio le grandi ed ancora inespresse potenzialità turistiche del nostro territorio, dalle Alpi alle Isole, dai passi alpini alle pianure passando attraverso gli Appennini, dagli argini dei fiumi al lungo mare, dai borghi più belli d’Italia alle città d’arte, dai beni convenzionati FAI (oltre 500) agli oltre 1000 patrimoni riconosciuti dall’Unesco che fanno dell’Italia la nazione che detiene il maggior numero di siti inclusi nella lista dei Patrimoni dell’Umanità. 38 ISFORT, op.ci., pag. 2
39 http://www.piste-ciclabili.com/!
40 ISFORT, Gli italiani e la bicicletta: dalla “riscoperta” alla crescita mancata, Le fermate audiomob sulla mobilità n. 15, 2012 e L’a-bici – Numeri, idee, proposte sulla mobilità ciclabile, Legambiente, 2010 41 ISFORT, op.cit., pag. 3
42 http://www.ciclabili.provincia.tn.it/ 43 CASU L, Il progetto di rete ciclabile della Liguria, Atti del convegno sulla mobilità ciclistica del 15 Marzo 2013, 44 www.bikevalledaosta.it 45 www.cycle-r.it
46 Rimini Bike Hotels 2013 – A Rimini un nuovo Club di Prodotto per la vacanza attiva in www.riminibikehotels.com. 47 www.bikeinumbria.it
48 ”Chiantishire” è l’area compresa tra le province di Firenze e Siena ed è particolarmente conosciuta per la produzione dell’omonimo vino.
49 REGIONE TOSCANA, ASSESSORATO AL TURISMO, Progetto Interregionale Cicloturismo, verso un modello di coordinamento nazionale – Fase 1: Ricognizione delle attività esistenti, Pedalitalia, 2008 50 www.turismo.intoscana.it/cicloturismo
51 http://www.ibikeflorence.com/ 52 REGIONE TOSCANA, ASSESSORATO AL TURISMO, Progetto Interregionale Cicloturismo, verso un modello di coordinamento nazionale – Fase 1: Ricognizione delle attività esistenti, Pedalitalia, 2008, pag. 29 53 MALVESTIO S, PERINI P, Anello Cicloturistico dei Quattro Fiumi, Ed. Inveneto, 2015 54 TUCCI G, (a cura di) op. cit. p.461 55 FORMATO R, op. cit. pag. 92 56 PARLAMENTO ITALIANO, 25 maggio 1998, Legge provinciale n. 49 – Disciplina dei percorsi ciclabili e ciclopedonali,
57 PARLAMENTO ITALIANO, 11 giugno 2010, Legge provinciale n. 12 – Sviluppo della mobilità e della viabilità ciclistica e ciclopedonale nonché modificazioni dell'articolo 52 della legge provinciale 20 marzo 2000, n. 3, in materia di procedure di approvazione del piano provinciale della mobilità
58 BETTA G. MACCAGNAN P. (a cura di), Cicloturismo e cicloturisti in Trentino, Report 34, Osservatorio provinciale per il turismo, agosto 2010, pag. 11 59 Bicigrill in http://www.ciclabili.provincia.tn.it/bicigrill/
60 L’iniziativa nasce dal marchio Family in Trentino, che vuole qualificare la Provincia come un
territorio che rispetta le esigenze delle famiglie (sia residenti che ospiti). Il marchio può essere richiesto da ogni settore di attività, sulla base del rispetto di determinati standard di servizi e prezzo. Per maggiori informazioni: www.familyintrentino.it
61 BETTA G. MACCAGNAN P. (a cura di), op.cit., pag. 30
62 La definizione di cicloturista adottata dall’indagine è la seguente: «ha optato per una vacanza itinerante, ovvero cambia tendenzialmente ogni notte il luogo di pernottamento, e durante la sua permanenza utilizza la bici per escursioni o ciclismo tutti i giorni o quasi per più di due ore. Per rientrare in questo target deve aver soddisfatto almeno una delle seguenti condizioni: deve essersi spostato dal luogo di residenza con la bici o con mezzi di trasporto collettivo, organizzati da tour operator o agenzie di viaggio che propongono un pacchetto vacanza in bici; o essere partito da casa pedalando, oppure, ancora, avere montato sulla bici un porta cartina o un navigatore. La tipologia ricostruita è quella del classico cicloturista, ovvero colui che considera la bici un mezzo di locomozione per vivere la propria vacanza ed è interessato non solo alla pratica sportiva ma anche alla conoscenza dei territori attraversati». BETTA G. MACCAGNAN P. (a cura di), op.cit., pag. 50
CAPITOLO TERZO: IL PERCORSO NORMATIVO 3.1 L’Associazione Italiana Amici della Bicicletta e la creazione di una rete nazionale Già nei primi anni ’80 in molte città italiane nascono piccole associazioni per promuovere l’uso quotidiano della bici come mezzo ecologico e sostenibile, non riuscendo ancora ad imporsi nel panorama internazionale a causa del loro carattere locale, sino all’istituzione di in una vera e propria associazione nazionale ben più coordinata. Nel 1989 nasce la FIAB Associazione Italiana Amici della Bicicletta, associazione ambientalista le cui finalità non si discostano da quelle proposte dalla European Cyclists Federation (ECF), di cui è membro. La “diffusione della bicicletta quale mezzo di trasporto ecologico, in un quadro di riqualificazione ambientale” è l’obiettivo principale 63. Si potrebbe considerare la versione italiana della sorella tedesca ADFC. Si è comunque imposta considerevolmente nel panorama italiano ed è da considerarsi come il principale interlocutore in materia di mobilità ciclabile, tanto che è stata coinvolta in collaborazioni con alcune regioni che intendono approfondire e sviluppare il tema. Oltre ad azioni promozionali (fornisce pubblicazioni, organizza iniziative ciclo turistiche) e informative (progetta attività culturali e didattiche nelle scuole), la FIAB svolge un’importante azione di lobbying nei confronti dei pubblici poteri: su sua iniziativa è stata promulgata la legge 366/1998 sulla mobilità ciclabile e da decenni attua una campagna di pressione nei confronti di Trenitalia per migliorare l’aspetto dell’intermodalità. Quest’ultima questione è terminata con un accordo tra i due soggetti che prevede la possibilità del trasporto della bici nei treni (secondo determinate modalità e specifici orari) e la pubblicazione di una guida informativa. Per favorire tale pratica, i due hanno rinnovato l’accordo che prevede la gratuità del trasporto del mezzo a due ruote sulle rotaie nel giorno di pasquetta, creando un evento ad hoc chiamato Giornata Nazionale “Bicintreno” e la FIAB ha divulgato delle proposte di escursioni.
Dal 15 novembre 2011 la FIAB è diventata ufficialmente Centro nazionale di coordinamento per lo sviluppo della rete ciclabile europea EuroVelo in Italia, il cui progetto è a capo della ECF.
Tra i vari progetti portati avanti dall’associazione, Bicitalia e Albergabici (di cui ho già fatto cenno) sono i più interessanti in quanto non hanno confini amministrativi, ma sono di carattere nazione, perciò mirano a costruire una comune offerta cicloturistica in grado di competere con i prodotti dei maggiori paesi europei. La prima idea di una ciclopista nazionale risale agli anni ’90, quando la FIAB presenta alla manifestazione Velocity di Milano la proposta della “Ciclopista del Sole” che vuole essere una contrapposizione all’omonima autostrada. Deve unire il Passo del Brennero a Napoli attraverso due direttrici: un percorso centrale che unisce Brennero, Mantova, Bologna, Firenze, Siena e Roma e una variante costiera tirrenico che unisce Mantova, Parma, Pisa, Livorno, Grosseto, Roma.64
Successivamente, a distanza di un decennio, il CIPE – Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica – invita il Ministero dei Trasporti:
1. “a sviluppare e sottoporre a questo comitato un apposito studio sulla fattibilità di una rete di percorribilità ciclistica nazionale, finalizzata principalmente all’incentivazione di forme di turismo sostenibile, con particolare riguardo alle zone ad elevata naturalità, definendone le relazioni con le altre reti e servizi di trasporto, le modalità di integrazione, il costo e le modalità di gestione;
2. a costituire un Gruppo di Lavoro nazionale sulla Mobilità Ciclistica”65.
A partire da tale richiesta la FIAB sviluppa la proposta Bicitalia e consegna uno studio di fattibilità La rete nazionale di percorribilità ciclistica approvato dal Ministero dell’Ambiente nel settembre 200266. Bicitalia è un progetto che considera solo gli ambiti di collegamento di grande respiro, ovvero si tratta di ciclovie di dimensione sovra regionale o di collegamento con gli itinerari dei paesi confinanti. L’iniziativa prevede la realizzazione di 15 grandi direttrici (vedere lo schema sotto proposto) che percorrono e attraversano l’Italia lungo 16.500 km di percorsi ciclabili: 1) Ciclopista del Sole (3000 km): è l’itinerario che dovrebbe avere valenza evocativa di grande strada nazionale in quanto attraversa l’Italia, isole comprese;
2) Ciclovia del Po e delle Lagune (1300 km): inizia a Ventimiglia e costeggia il Po fino alla Laguna Veneta; 3) Ciclovia dei Pellegrini (2300 km): si rifà alla Via Francigena – antica strada di pellegrinaggio che rientra tra le Cultural Routes dell’Unione Europea – che arriva a Roma e prosegue poi fino a Brindisi;
4) Ciclovia dei Fiumi Veneti (1000 km): come suggerisce il nome si sviluppa nel nord – est e si collega alle realtà austriaca e slovena; 5) Ciclovia Romea (800 km): percorre antiche strade romane dal Friuli Venezia Giulia alla capitale; 6) Ciclovia Adriatica (1000 km): costeggia la costa adriatica da Ravenna a Leuca; 7) Ciclovia Romagna – Versilia (400 km): attraversa l’Italia, coast to coast, da Rimini a Viareggio;
8) Ciclovia Conero – Argenario (km 500): anche tale itinerario collega i due mari dal Monte Conero a quello Argentario;
9) Ciclovia Salaria (400 km): parte dalla capitale italiana per arrivare a San Benedetto del Tronto; 10)Ciclovia dei Borboni (500 km): collega i principali capoluoghi delle regioni del sud; 11) Alta Via dell’Italia centrale (900 km): corre al centro delle Foreste Catanesi, del Gargano, fino ai Monti Sibillini e i parchi abruzzesi; 12) Ciclovia Pedemontana Alpina (1100 km): disegna un grande arco che attraversa il nord Italia ai piedi degli Appennini, collegando tutti i grandi laghi; 13) Ciclovia dei Tratturi (400 km): percorso lungo le vecchie strade a fondo naturale, anche dette mulattiere, nel sud Italia; 14) Ciclovia dei Tre Mari (600 km): così denominato in quanto tocca le coste bagnate dall’Adriatico, dallo Ionio e dal Tirreno; 15) Ciclovia Svizzera – mare (500 km): dalle pertinenze svizzere del lago Maggiore raggiunge Imperia.
Per l’individuazione dei corridoi principali vengono presi come punto di riferimento gli schemi già esistenti, sia nell’ottica della sostenibilità e quindi di un utilizzo migliore delle risorse, sia per creare e valorizzare un prodotto messo in rete. Tra gli itinerari già esistenti si fa riferimento a: 1) EuroVelo, si tratta della grande rete di itinerari europei, tre dei quali corrono lungo il territorio italiano; 2) Revermed, progetto che ha previsto la riqualificazione di tracciati ferroviari in disuso nell’area mediterranea occidentale, con l’obiettivo di costruire una “Rete Verde Europea”67; 3) Reti nazionali; 4) Reti regionali, solo se di lunga percorrenza.
In assenza di questi riferimenti, il piano prevede di sfruttare le risorse naturali del territorio come le alzaie dei fiumi, le antiche vie romane, di transumanza, di pellegrinaggio, ovvero la riqualifica dei cosiddetti “rami secchi” delle ferrovie68.
Con questo progetto la FIAB vuole riscattare l’immagine di un’Italia frammentata e disorganizzata e mira a competere con le grandi reti europee. I benefici derivanti si possono tradurre in termini di qualità ambientale, turismo sostenibile, conservazione del territorio e valorizzazione delle aree rurali, per non dimenticare lo sviluppo di economie su piccola scala in territori meno visitati ma comunque a vocazione turistica.
Inoltre questo network offre dei contributi all’intermodalità (bici + treno, bici + barca) che già timidamente comincia ad essere realizzata in alcune città come Verona, Cesena, Reggio Emilia, Bolzano, che hanno dotato i mezzi pubblici di appositi carrelli rimorchi per le biciclette. Interessante il recente collegamento tra Lignano Sabbiadoro e Bibione attraverso il traghetto denominato “X River” che da maggio 2018 consente ai ciclisti di attraversare gratuitamente il Tagliamento mentre sfocia in mare.
Bicitalia nasce come proposta culturale, tuttavia gli attori che cerca di coinvolgere sono e devono essere numerosi: enti e istituzioni nazionali e locali con specifici compiti in materia (settore Ambiente, Turismo, Trasporti, Lavori Pubblici), le categorie economiche come l’Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori (ANCMA69), gli Operatori del Turismo ecc., le organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste.
La FIAB, nel tentativo di rendere concreta la rete Bicitalia sotto rappresentata nella tabella n.5, denuncia, nel corso del “Primo congresso nazionale FIAB” del 2012, alcune criticità che impediscono la riuscita del progetto. L’associazione dichiara che il problema principale è rappresentato da una visione troppo individualista delle amministrazioni nel nostro Paese: difatti alcune amministrazioni regionali si sono mosse istituendo piani e leggi, ma in un quadro regionale, non sfruttando né i collegamenti con le reti superiori nelle loro programmazioni, né l’operato della FIAB. Ci sono poi le scelte di attori che preferiscono valorizzare il rapporto con gli stati confinanti, come succede per il Friuli-Venezia Giulia con la Slovenia, o per la Lombardia con la Svizzera. Altre ancora hanno iniziato il cammino verso la costruzione di itinerari ciclabili, che però dopo l’inaugurazione del primo tratto non hanno proseguito i lavori. Al contrario le amministrazioni dovrebbero continuamente incrementare la qualità e quantità di una rete, come fanno concretamente Trento e Bolzano. Un ulteriore ostacolo riguarda la difformità della segnaletica elaborata a livello regionale, che spesso risulta difforme rispetto al Codice della Strada70. In conclusione si presenta nuovamente il problema della mancanza di un sistema e di un obiettivo comune che impediscono la costruzione di una realtà nazionale competitiva. 63 http://fiab-onlus.it/bici/la-fiab/chi-siamo.html 64 PEDRONI C. (a cura di) Atti della conferenza “Vivere e camminare in città” 12-13 giugno 2003
65 PEDRONI C, SOLARI R, GALLO D, PILERI P, MARCARINI A, GUAITOLI PANINI E, BELLONE F. (a cura di) Atti del convegno “Stati generali della bicicletta e della mobilità nuova” 5-6 ottobre 2012 66 FORMATO R. op.cit., pag. 84 67 Associazione Italiana Greenways Onlus, Progetto Rever Med in http://users.unimi.it/agra/ingag/greenways/italian/rever_med.htm
68 PEDRONI C, Bicitalia: Rete Ciclabile Nazionale – Linee guida per la realizzazione, Quaderni del centro studi FIAB Riccardo Gallimbeni, 2008 69 ANCMA, Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori. È un’associazione di categoria che riunisce le Aziende italiane costruttrici di veicoli a 2 e 3 ruote, di quadri cicli e di parti ed accessori per gli stessi veicoli.
70 Atti del “Primo congresso FIAB” – Tesi discusse e approvate, 14-15 aprile 2012, in www.fiab- onlus.it
TABELLA N.5: LA RETE CICLABILE NAZIONALE BICITALIA
FONTE: PEDRONI C, Bicitalia: Rete Ciclabile Nazionale – Linee guida per la realizzazione, Quaderni del centro studi FIAB Riccardo Gallimbeni, 2008
3.2 Dalla proposta di legge dell’Onorevole Luigi D’Agrò alla nuova legge sulla Mobilità Ciclistica La FIAB è stata il principale interlocutore in materia di mobilità ciclabile e sin dalla sua costituzione ha cercato un esplicito appoggio istituzionale, svolgendo azioni di lobbying e di sensibilizzazione ciclistica elaborando una proposta diventata legge il 19 ottobre 1998 (legge n. 366 che disciplina “l’uso urbano e turistico della bicicletta, mezzo di trasporto eco sostenibile” 71 ). Si vedrà negli anni successivi come tale legge, pur rappresentando un primo passo di intervento in un settore molto spesso assecondato dalla politica e dalla cultura italiana, non ha regalato grandi risultati concreti. Non tutte le amministrazioni si sono adeguate alla norma tanto da scatenare non poche rimostranze da parte di FIAB. Inoltra la norma, pur incorporando i principi del decentramento amministrativo, non contempla la realizzazione di un piano ciclistico nazionale, contrariamente da quanto accade invece negli altri paesi europei.
Di queste lacune, oltre che della mancanza di una visione di insieme, di un’offerta ancora frammentata a danno non solo dell’immagine ma anche dell’attrattività turistica e della ancora scarsa competitività a livello turistico internazionale ho avuto modo di dibattere e dialogare a lungo con l’Onorevole Luigi D’Agró mio vicino di casa nel periodo in cui - tra il 2000 ed il 2014 – ho risieduto a Bassano del Grappa, a due passi dal Ponte degli Alpini.
Condividendo la passione per la bicicletta ed avendo sogni comuni, ho avuto modo di presentargli i prodotti editoriali che avevo realizzato per la promozione e la diffusione dell’utilizzo della bici, di coinvolgerlo nelle iniziative di cultura e promozione del territorio attraverso l’Associazione Inveneto Onlus di cui ero vicepresidente. Ho avuto modo altresì di condividere gli obiettivi e le finalità della Scuola Italiana Mountain Bike di cui ero responsabile dello staff tecnico nazionale, di diffondere cioè l’uso della bicicletta anche attraverso delle figure qualificate che garantiscono l’insegnamento delle conoscenze necessarie per un corretto approccio con il proprio fisico, con il mezzo che si utilizza, con la natura ed il territorio che ci circondano. Tutto questo per utilizzare al meglio le grandi ed ancora inespresse potenzialità turistiche del nostro territorio, dalle Alpi alla Sicilia, dai passi alpini alle pianure, dagli argini dei fiumi al lungo mare, dai borghi più belli d’Italia alle città d’arte, dagli oltre 500 beni convenzionati del FAI ai 1001 patrimoni italiani riconosciuti dall’Unesco. Ricordandogli anche che l’Italia è la nazione che detiene il maggior numero di siti inclusi nella lista dei Patrimoni dell’Umanità.
Ecco così che la nostra vicinanza e frequentazione hanno contribuito in modo concreto alla stesura della Proposta di Legge presentata dall’Onorevole D’Agró in Parlamento in data 21 giugno 2008 titolata: “Disposizioni per la predisposizione del Programma Nazionale per la mobilità ciclistica nonché per la realizzazione della rete degli itinerari ciclabili d’Italia” (2821) 72.
Sin dall’inizio ci siamo trovati d’accordo sul fatto che negli ultimi tempi si stava assistendo ad una diffusa estensione del campo d’azione di piani e programmi per la mobilità ciclistica ma solo su scala territoriale, locale. Ciò avveniva attraverso una domanda crescente di sedi confortevoli e sicure per fini diversi da quelli strettamente trasportistici, in particolare per una tipologia di turismo di lunga percorrenza e per usi sportivo-amatoriali e ricreativi. La Valsugana, territorio in cui io operavo, ne era come lo è tuttora un virtuoso ed evidente esempio!
Le ragioni generali per sostenere un programma di itinerari ciclabili si riconducevano a quattro grandi aree: 1. l’auspicato aumento del livello di utilizzazione della bicicletta, dando per assodati i benefici – individuali e collettivi – dell’uso di tale mezzo; 2. la riduzione del numero di incidenti che interessano la mobilità ciclistica e quindi del livello di rischio associato; 3. il miglioramento del sistema di viabilità e trasporto esistente; 4. la promozione di nuove iniziative di natura socioeconomica legate alla mobilità ciclistica. Tra queste anche quelle promosse da Associazioni come Inveneto Onlus e da Edizioni Inveneto. Gli obiettivi da perseguire erano strettamente correlati a programmi compositi che affrontano i temi politici, i cambiamenti dei dispositivi normativi esistenti, i percorsi educativi di lungo periodo, il reperimento e la programmazione dei fondi disponibili.
Avevamo individuato sinteticamente una serie di benefici per i singoli individui e per l’intera collettività, derivanti dall’utilizzazione di mezzi di trasporto non motorizzati. Benefici personali - aumento delle opzioni di spostamento; - beneficio economico, dovuto ai costi di acquisto e manutenzione della bicicletta abbastanza contenuti; - esercizio fisico e conseguente riduzione dei disturbi cardiovascolari, di ipertensione, di obesità, di diabete, di osteoporosi, di stress e di depressione; - maggiore possibilità di interazione sociale; - divertimento.
Benefici estesi a tutta la collettività - decongestione del traffico; - riduzione dell’inquinamento acustico e atmosferico; - riduzione del consumo di carburante di origine fossile; - riduzione della manutenzione per la rete stradale esistente; - minor richiesta di nuove infrastrutture per la mobilità motorizzata; - aumento della sicurezza stradale; - migliore sfruttamento del suolo, con la riduzione di uno sviluppo incontrollato. - maggiore attrattività per l’affluenza di turisti; - miglioramento della salute pubblica. Il miglioramento delle condizioni esistenti per la mobilità ciclistica si sarebbero ottenuti mediante due processi complementari: 1. un processo sistematico applicato a tutte le forme di pianificazione dei trasporti che garantisca la disponibilità della rete stradale esistente in condizioni sicure e confortevoli per la mobilità ciclistica; 2. la costruzione di una rete dedicata di infrastrutture per la mobilità ciclistica, integrata con la rete stradale e modulata su diversi tipi di infrastruttura (piste ciclabili, percorsi promiscui) a seconda delle condizioni esistenti. L’analisi delle esperienze consolidate di promozione delle politiche per la mobilità ciclistica attribuisce il successo di tali operazioni e lo sviluppo dei programmi in esse contenuti a tre principi fondamentali: -il primo principio prevede una concezione comprensiva e cooperativa dell’approccio di pianificazione finalizzata a combinare quattro principali aree di interesse: a. pianificazione e progetto degli itinerari, nel senso di modificare il sistema delle reti di trasporto per favorire una utilizzazione sicura e vantaggiosa della bicicletta, anche mediante la realizzazione di nuovi itinerari indipendenti dalla rete stradale, b. promozione della mobilità ciclistica, lavorando per aumentare la consapevolezza sociale dei diritti dei ciclisti e dei benefici procurati dalla pratica della bicicletta, c. educazione e conoscenza, al fine di indirizzare gli utenti della bicicletta e dei mezzi motorizzati all’uso promiscuo della rete stradale in modi cooperativi e sicuri, d. promozione e applicazione di leggi per la mobilità ciclistica, al fine di formulare e di assicurare l’applicazione e il rispetto di norme e regolamenti che considerino in maniera equa i diritti degli utenti della strada nel loro complesso; -il secondo principio focalizza l’attenzione sulla necessità di integrare la pianificazione della mobilità ciclistica e i programmi correlati nel processo di pianificazione generale dei trasporti; integrazione che deve comprendere anche la costruzione di politiche innovative e la formulazione di standard generali;
-il terzo principio riguarda l’idea che progetti di singoli itinerari ritenuti strategici, realizzabili in tempi brevi e con finanziamenti certi, rappresentino una leva indispensabile per l’impianto di una rete diffusa di fruizione “dolce” del territorio composta da itinerari ciclabili alle varie scale spaziali: nazionale, regionale, provinciale, comunale; le storie di successo di tali progetti diventano esempio per lo sviluppo della rete principale, creando i presupposti per una visione condivisa e per il coinvolgimento diretto delle comunità interessate.
L’obiettivo cardine della proposta si poneva la finalità di individuare i principali itinerari ciclabili del nostro paese per costituire l’ossatura di una futura rete nazionale. Questo mediante il riconoscimento di itinerari che rappresentino un collegamento tra tutte le regioni d’Italia e nel contempo assumano rilevanza nell’ambito di un sistema di itinerari europei.
La realizzazione degli itinerari di interesse nazionale necessitava di un grande sforzo organizzativo progettuale e l’Onorevole D’Agrò, constatati gli scarsi risultati ottenuti con la legge n. 366 del 1998, riteneva determinante il coinvolgimento di molteplici soggetti, ognuno con le proprie prerogative. In prima analisi si possono individuare i seguenti soggetti con specifiche competenze: § Ministeri: - dello Sviluppo Economico (Direzione generale per il Turismo); - dei Trasporti; - per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive, - per i Beni e le Attività Culturali, - dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con compiti di stesura del Programma Nazionale per la Mobilità Ciclistica, reperimento delle risorse finanziarie e redazione dei Regolamenti attuativi per la realizzazione degli itinerari ciclabili di interesse nazionale; § Regioni ed Enti Locali: con compiti di approvazione del Programma Nazionale per la Mobilità Ciclistica nelle sedi della cooperazione istituzionale, di attuazione del Programma Nazionale per la Mobilità Ciclistica mediante l’individuazione del tracciato degli itinerari ciclabili di interesse nazionale in sede locale e la gestione delle fasi realizzative; § CONI, Federazione Ciclistica Italiana, Enti di Promozione Sportiva e Turistica; Federazione Italiana Amici della Bicicletta: con compiti di servizio nei confronti dei soggetti promotori del Programma Nazionale per la Mobilità Ciclistica, quali la raccolta e l’ordinamento delle informazioni in proprio possesso e il coordinamento delle forme di partecipazione degli utenti potenziali degli itinerari ciclabili nel processo decisionale, di gestione degli itinerari ciclabili realizzati (attività di informazione, promozione, assistenza, …); § Ferrovie dello Stato, Touring Club Italiano, Associazioni di categoria (Albergatori, Pubblici esercizi); Istituzioni culturali e scolastiche: con compiti di supporto al processo attuativo e di gestione mediante la promozione di azioni finalizzate a favorire e incentivare la mobilità ciclistica.
Il progetto della rete di itinerari ciclabili nazionali voleva porre un’attenzione particolare al turismo, alla sicurezza stradale, alla ricreazione, agli scambi culturali, allo sport. Tale progetto doveva inoltre prevedere dei criteri principali di selezione degli itinerari di interesse nazionale e quindi il collegamento del territorio nazionale con le reti di percorribilità ciclistica già costituite soprattutto nelle regioni del Nord Europa, reti che stanno riscuotendo un notevole interesse. Occorreva, quindi, specificare per il territorio italiano il programma europeo della rete ciclabile EuroVelo, che, proposto dalla ECF (European Cyclist Federation), era stato adottato dal Consiglio Europeo. Questo programma, in quegli anni era ancora solo parzialmente realizzato e prevedeva di attivare una rete ciclabile di collegamento in tutti i paesi europei, in un intervallo temporale di quindici anni. Il processo di individuazione degli itinerari della rete nazionale doveva allora fare riferimento ai seguenti criteri prioritari: - il collegamento in corrispondenza della frontiera nazionale con la rete della mobilità ciclistica europea; - l’attraversamento di tutte le regioni italiane; - il collegamento delle principali città italiane che rivestono un interesse turistico, spesso internazionale; - la presenza di ambiti ad alto interesse turistico, già consolidati in piani o programmi delle amministrazioni statali, regionali e provinciali; - la presenza di addensamenti significativi di elementi di attrazione per la mobilità ciclistica, a carattere ambientale, culturale, ricreativo, per i quali si prevede una significativa utenza potenziale; - il collegamento con i principali nodi di intermodalità (prevalentemente ferroviaria), per assicurare un’estensione dell’utilizzazione potenziale della bicicletta, ove l’uso integrato del trasporto pubblico e della bicicletta sia competitivo con altri modi di spostamento; - la fattibilità tecnico-economica in tempi ragionevoli, in relazione alla presumibile capacità di finanziamento. L’attuazione del Programma nazionale per la mobilità ciclistica: “Itinerari ciclabili d’Italia” voleva supportare un turismo sostenibile di scala europea, assicurando nel contempo una serie di benefici quali la conservazione di ambienti di particolare pregio, la creazione di occasioni di sviluppo locale, la promozione di uno spirito europeo più coeso, il sostegno agli insediamenti rurali in condizioni di sottosviluppo.
La rete si pone come ulteriore obiettivo l’incentivazione dell’uso della bicicletta negli ambiti locali attraversati dagli itinerari per scopi trasportistici (percorso casa-scuola-lavoro) e ricreazionali.
Oltre ai criteri principali, occorreva considerare criteri specifici per il controllo progettuale degli itinerari secondo standard prestazionali appropriati al loro rango nazionale.
In prima analisi tali standard saranno assicurati in relazione ai seguenti fattori: - accessibilità; - linearità; - continuità; - attrattività; - riconoscibilità; - livelli di sicurezza; - livelli di conflitto tra gli utenti dell’infrastruttura. - la redditività dell'investimento con riferimento all'utenza reale e potenziale anche in relazione all’obiettivo di ridurre il rischio di incidentalità; - il costo e l’estensione degli interventi richiesti per la realizzazione delle attrezzature necessarie per la costruzione dell’itinerario; - le iniziative di sviluppo locale potenzialmente attivabili; - la possibilità di inserire l’itinerario ciclabile in programmi infrastrutturali più generali (Programma europeo della rete ciclabile EuroVelo). Un ulteriore criterio selettivo doveva considerare lo stato di attuazione delle infrastrutture ciclabili alla scala locale, privilegiando i processi di adeguamento agli standard progettuali stabiliti per gli itinerari nazionali e il completamento dei tratti mancanti.
Sulla base dei criteri sopra descritti, venivano individuati 4 itinerari principali che percorrono l’Italia sia in senso Nord-Sud che in senso Est-Ovest, al fine di collegare le principali città d’arte e i luoghi di riconosciuto valore ambientale, proponibili ad un turismo internazionale che ama spostarsi in bicicletta. Gli itinerari si volevano innestare nella rete europea, garantendo la continuità dei percorsi e i collegamenti transnazionali.
L’itinerario n. 1 “dal Brennero al Tirreno” collega il passo del Brennero con Bolzano, Trento, prosegue verso Mantova, Modena, quindi Bologna, Firenze, Siena, Grosseto e si collega all’itinerario n. 2.
L’itinerario n. 2 “dei Pellegrini” collega la Svizzera con il lago di Como e quindi Milano, raggiunge il Po, prosegue verso Parma e, attraverso il Passo della Cisa, arriva sul Tirreno, proseguendo parallelo alla costa fino a Roma, quindi a Napoli, Reggio Calabria, Messina, Catania, Agrigento e, via traghetto, garantisce il collegamento verso Malta.
L’itinerario n. 3 “del Po o corridoio 5” collega Ventimiglia con Savona, quindi Torino, dove si innesta sul fiume Po, e da qui fino a Ferrara, raggiungendo poi Venezia e Trieste e garantendo il collegamento verso la Slovenia.
L’itinerario n. 4 “dell’Adriatico” si innesta sull’itinerario 3 all’altezza di Ferrara, raggiunge la riviera di Rimini e si sviluppa sulla dorsale adriatica, parallelo alla costa, fino in Puglia, dove, via traghetto da Brindisi, garantisce il collegamento verso la Grecia.
Si ritengono inoltre di interesse nazionale 5 itinerari secondari che garantiscono il collegamento trasversale tra gli itinerari principali: A) Ravenna, Cesena, Perugia, Todi, Viterbo, Roma; B) Roma, L’Aquila, Chieti, Pescara; C) Salerno, Potenza, Matera, Lecce, Brindisi; D) Trento, Venezia; E) Olbia, Cagliari.
La realizzazione degli Itinerari ciclabili d’Italia comportava la risoluzione di importanti problemi di fattibilità tecnico economica, connessi principalmente alla densità insediativa e alla orografia che caratterizzano la penisola. I principali problemi afferiscono: - alla disponibilità di spazi; - all’acquisizione delle aree di sedime degli itinerari; - all’attraversamento di corsi d’acqua - all’attraversamento di linee ferroviarie e stradali. Per la realizzazione degli itinerari potranno essere in parte recuperati tratti già realizzati da Enti locali (Province e Comuni) adeguandoli agli standard minimi richiesti per gli itinerari di interesse nazionale.
Era stata fatta una prima stima dei costi per la realizzazione degli itinerari sulla base di costi parametrici individuati per piste ciclabili in sede propria. In zone di pianura i costi potevano essere pari a 150.000 €/km lineare di pista ciclabile; nelle zone collinari e montane pari a 200.000 €/km lineare di pista ciclabile. Considerando le lunghezze degli itinerari i costi complessivi sarebbero potuti ammontare a circa 525.000.000 € per gli itinerari principali (circa 3500 km) e a circa 175.000.000 € per gli itinerari secondari (circa 1200 km). Vista la natura di itinerari a lunghissima percorrenza, è possibile ipotizzare la presenza di collegamenti fra i tratti ad uso esclusivamente ciclabile (o eventualmente ciclo-pedonale) tramite l’utilizzazione di strade ad alta compatibilità ciclabile (rete stradale minore a basso traffico veicolare). Ipotizzando che un 20% degli itinerari possa essere in promiscuo su sede stradale esistente si può considerare un costo pari a 420.000.000 € per gli itinerari principali e 140.000.000 € per quelli secondari.
Occorre inoltre prevedere la spesa per la manutenzione degli itinerari, per la quale in prima analisi si ipotizza un costo complessivo annuo di circa 5.000.000 €.
Al fine della costituzione di una rete ciclabile di interesse nazionale era necessario che gli itinerari fossero facilmente riconoscibili. Risulta quindi importante la definizione di criteri progettuali di riconoscibilità degli itinerari, degli elementi caratteristici dell’itinerario quali: arredo dei punti di sosta, segnaletica di indicazione, cartellonistica chilometrica, pannelli di indicazione, elementi di separazione e di protezione, segnaletica orizzontale, ponticelli. Nella fase di progettazione occorrerà pertanto definire un abaco e un capitolato dei vari elementi caratteristici con tutte le necessarie peculiarità tecniche. Tali elementi dovranno essere particolarmente curati e utilizzati in modo sistematico lungo tutta la rete. La segnaletica di indicazione e quella chilometrica dovrà essere frequente e di dimensioni adeguate. La segnaletica di indicazione potrà eventualmente riportare le distanze al successivo punto di sosta o al successivo centro abitato. Appaiono inoltre strategici la definizione di un logo e di un nome proprio al sistema ciclabile nazionale e ai singoli itinerari ciclabili. Nella scelta degli arredi si dovrà prestare particolare attenzione alla manutenzione senza trascurare il lato estetico. I cartelli di descrizione dell’itinerario dovranno contenere un pannello con l’indicazione di tutta la rete nazionale, un pannello con l’indicazione dell’itinerario specifico ed eventuali indicazioni locali. La cartellonistica dovrà altresì essere facilmente aggiornabile. In prossimità delle aree culturali e ambientali e dei nodi di interscambio, i cartelli di indicazione potranno riportare la loro distanza dall’itinerario ciclabile.
Vista la scala del progetto e la inevitabile diluizione della sua esecuzione nel corso di almeno un decennio, sarà particolarmente importante indicare nei pannelli lo stato di attuazione dello stesso, differenziando i tratti effettivamente eseguiti da quelli in corso di realizzazione e indicando itinerari alternativi (eventualmente lungo la viabilità minore ad alta compatibilità ciclabile-veicolare). In tale caso occorrerà prevedere l’aggiornamento dei pannelli secondo lo stato di avanzamento dei lavori.
Gli itinerari dovranno utilizzare in modo prioritario soluzioni progettuali, in altri termini corridoi di continuità ambientale (green-way), sistemi arginali, vie alzaie, sedimi di infrastrutture dismesse al fine di cogliere i valori paesaggistici e ridurre la necessità di espropri e di opere infrastrutturali particolarmente gravose. In prossimità e all’interno dei centri abitati si potranno invece prediligere soluzioni in affiancamento alla viabilità ordinaria con elementi di separazione dal traffico veicolare.
Particolare attenzione dovrà essere rivolta alla risoluzione delle intersezioni e alle interazioni fra traffico veicolare e ciclistico. A seconda delle situazioni si potranno prevedere piste ciclabili con corsie affiancate o corsie separate. Solamente nei tratti con ridotta presenza di pedoni si potranno valutare sezioni miste ciclo-pedonali. Le sezioni progettuali di riferimento dovranno sempre rispettare la normativa nazionale cercando di evitare soluzioni con dimensioni non adeguate.
La pavimentazione dovrà essere tale da garantire una ridotta manutenzione e la sua tenuta nel tempo. A seconda del tipo di terreno di fondazione attraversato si potranno ipotizzare differenti pacchetti stradali. La realizzazione delle opere dovrà garantire il rispetto dell’ambiente in cui si inseriscono, prediligendo pavimentazioni differenti dall’asfalto nei tratti di particolare pregio ambientale o storico/architettonico. A tale scopo saranno necessari attenti sopralluoghi prima, durante e dopo l’esecuzione delle opere. Dovrà inoltre essere garantito il regolare smaltimento dei rifiuti. Le opere di attraversamento dei corsi d’acqua e delle arterie stradali dovranno essere progettate in modo attento all’inserimento nel contesto ambientale e prediligendo l’uso di elementi di pregio architettonico evitando l’uso di impalcati in calcestruzzo di tipo industriale. Eventuali barriere di protezione delle scarpate dovranno preferibilmente essere costruite in legno.
I punti di sosta dovranno essere possibilmente posti in zone facilmente sorvegliabili, al fine di evitare danneggiamenti e atti vandalici, e dotati di tutti gli elementi indispensabili alla sosta: tavoli, panchine, fontana, illuminazione, rastrelliere, pannello di descrizione della rete. Tali punti dovranno essere almeno uno ogni 30 km, eccetto nei tratti pianeggianti in cui si potrà arrivare ad uno ogni 50 km.
Gli itinerari dovranno in ogni caso prevedere l’attraversamento di centri abitati presso i quali siano presenti servizi pubblici e sia possibile il pernottamento e il ristoro.
Da tutto ciò è conseguita la proposta di legge presentata in sei articoli dall’Onorevole D’Agrò il 21 giugno 2008 in Parlamento: si può riconoscere che si è trattato di un’energica “pedalata” utile, per giungere finalmente ad un prestigioso traguardo, in data 11 gennaio 2018: il traguardo della legge n. 2 per favorire lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica. Si è colmato così la lacuna normativa preesistente. Segue una tabella riassuntiva dei suoi contenuti.
TABELLA N.6: LA LEGGE N.2/2018 IN SINTESI. TITOLO Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica ART. 1. Oggetto e finalità Promuovere l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto sia per le esigenze quotidiane sia per le attività turistiche e ricreative.
Per migliorare la mobilità urbana, tutelare l’ambiente, salute, minor consumo di suolo, valorizzare territorio e beni culturali, sviluppare l’attività turistica. ART. 2. Definizioni a) ciclovia; b) rete cicloviaria; c) via verde ciclabile o greenway; d) sentiero ciclabile o percorso natura; e) strada senza traffico; f) strada a basso traffico; g) strada 30. Qualificazione delle ciclovie. ART. 3. Piano generale della mobilità ciclistica Entro sei mesi dall’entrata in vigore con decreto del Ministro infrastrutture e trasporti. Parte integrante del Piano generale dei trasporti e della logistica.
Due specifici settori di intervento:
- mobilità ciclistica in ambito urbano e metropolitano
- mobilità ciclistica su percorsi regionali, nazionali ed europei.
Periodo di tre anni: a) obiettivi annuali; b) ciclovie della Rete Bicitalia; c) priorità; d) connessioni Bicitalia; e) quadro risorse finanziarie; g) coordinamento enti locali; h) atti amministrativi, regolamentari e di indirizzo da adottare; i) azioni per lo sviluppo della mobilità ciclistica in ambito urbano (sicurezza ciclisti, interscambio modale con trasporto ferroviario e il pubblico locale).
ART. 4. Rete ciclabile nazionale Bicitalia
Rete infrastrutturale di livello nazionale integrata in EuroVelo.
L’articolo detta dettagliati criteri di sviluppo e realizzazione, coinvolgimento delle Regioni ed altre disposizioni tecniche.
ART. 5. Piani regionali della mobilità ciclistica
Cadenza triennale. In coerenza con piano regionale dei trasporti e con il Piano nazionale. Su base piani dei comuni e di città metropolitane.
Definisce: a) rete ciclabile regionale, coerente con Bicitalia; b) individuazione ciclovie; c) itinerari in zone rurali; d) interscambio tra bici e altri mezzi di trasporto; e) aree di sosta; f) indirizzi per reti ciclabili, aree di sosta, sicurezza per pedoni e ciclisti, per favorire l’uso della bicicletta nelle aree urbane; g) recepimento in pianificazione territoriale e urbanistica, ecc.; h) azioni di comunicazione, educazione e formazione.
Promuovere fruizione dei servizi di trasporto intermodali con accordi con i gestori del trasporto pubblico.
ART. 6. Biciplan
Comuni e città metropolitane adottano piani urbani della mobilità ciclistica (biciplan). L’articolo definisce molti interventi, tra i quali: la rete degli itinerari ciclabili, ciclovie, ecc.; il raccordo con le zone a priorità ciclabile, le isole ambientali, le strade 30, le aree pedonali, le zone residenziali e a traffico limitato; interventi sui principali nodi di interferenza con il traffico autoveicolare, sui punti più pericolosi, ecc;
gli obiettivi da conseguire; azioni per incentivare l’uso della bicicletta negli spostamenti casa-scuola e casa-lavoro; interventi per favorire l’integrazione con i servizi di trasporto pubblico; azioni per migliorare la sicurezza dei ciclisti; azioni per contrastare il furto delle biciclette; spazi destinati alla sosta delle biciclette e servizi di condivisione delle biciclette (bikesharing); attività di promozione e di educazione alla mobilità sostenibile; ecc.
ART. 7. Disposizioni particolari per le città metropolitane e per le province.
Interventi di pianificazione finalizzati a promuovere l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto.
ART. 8. Disposizioni particolari per i comuni
Velostazioni (centri per il deposito custodito di biciclette, assistenza tecnica ed eventuale servizio di noleggio)
Nei regolamenti edilizi misure realizzazione di spazi comuni per il deposito di biciclette.
Negli strumenti urbanistici parametri di dotazione di stalli per le biciclette.
ART. 9.
Modifica all’articolo 1 del codice della strada, in materia di princìpi generali
1. Al comma 2 dell’articolo 1 «al principio della sicurezza stradale» sostituito con «ai princìpi della sicurezza stradale e della mobilità sostenibile» e dopo le parole: «fluidità della circolazione» aggiunto «; di promuovere l’uso dei velocipedi».
2. Strutture portabiciclette negli autobus.
ART. 10. Disposizioni finanziarie
a) art. 1, comma 640, primo periodo, della legge 28/12/15, n. 208;
b) fondo di cui all’art. 1, c. 140, legge 11/12/16, n. 232, destinate ai programmi per la mobilità sostenibile
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c) fondi strutturali e di investimento europei, risorse individuate dalle regioni e dagli enti locali a valere sui propri bilanci;
d) gli eventuali proventi di sponsorizzazioni da parte di soggetti privati, nonché lasciti, le donazioni, ecc.
ART. 11. Relazione annuale sulla mobilità ciclistica
1. Il Ministro infrastrutture e trasporti presenta entro 30 giugno di ogni anno alle Camere una relazione sullo stato di attuazione della legge.
2. Entro il 1° aprile di ciascun anno, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano presentano una relazione al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Fonte: FIAB, Stefano Gerosa, “Tutto quello che avreste voluto sapere sulla legge per la mobilità ciclistica e non avete osato chiedere”, novembre 2017.
Sostanzialmente tutte le proposte contenute nel disegno di legge D’Agrò sono state recepite nella nuova legge che ha come obiettivo il promuovere l’uso della bicicletta sia come mezzo di trasporto quotidiano sia per le attività turistiche e ricreative, al fine di migliorare l’efficienza, la sicurezza e la sostenibilità della mobilità urbana, tutelare il patrimonio naturale ed ambientale e ridurre gli effetti negativi in relazione alla salute e al consumo del suolo. Inoltre la legge punta a valorizzare il territorio e i beni culturali, accrescere e sviluppare l’attività turistica, in coerenza con il Piano Strategico del Turismo, con il piano straordinario della mobilità turistica e con la legge per la promozione delle ferrovie turistiche.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti definirà il Piano generale della mobilità ciclistica, finalizzato allo sviluppo della mobilità ciclistica in ambito urbano e metropolitano e su percorsi di livello regionale, nazionale ed europeo. Il Piano sarà triennale e disegnerà la rete infrastrutturale nazionale chiamata Bicitalia. Dovrà essere parte integrante del Piano generale dei trasporti e della logistica e coerente con il sistema nazionale delle ciclovie turistiche e con i programmi per la mobilità sostenibile finanziati dal Fondo Investimenti (comma 140 della legge 232/2016). Il Piano dovrà essere pronto entro la metà di agosto 2018 (6 mesi dall’entrata in vigore della legge).
La rete ciclabile nazionale Bicitalia integrata nel sistema della rete ciclabile transeuropea EuroVelo, è composta dalle ciclovie di interesse nazionale e dovrà essere lunga almeno 20.000 chilometri, su tutto il territorio nazionale, interconnessa con le reti infrastrutturali, con le aree naturali protette e con altre reti di percorrenza turistica (cammini e sentieri, ippovie, ferrovie turistiche, ecc.).
Bicitalia dovrà promuovere lo sviluppo di piste ciclabili e greenway, recuperare a fini ciclabili strade arginali, tratturi, ferrovie dismesse, viabilità forestale e militare radiata, acquedotti, ponti dismessi e altri tracciati inutilizzati. Dovrà attraversare tutti i capoluoghi di Regione e raggiungere i centri storici delle principali città turistiche, interconnettersi con le reti ciclabili urbane.
I progetti necessari alla realizzazione della Rete Bicitalia dovranno essere predisposti dalle Regioni entro agosto 2019 (dodici mesi dall’approvazione del Piano generale della mobilità ciclistica) e approvati dal Ministero delle infrastrutture entro la fine dello stesso anno.
Ogni tre anni le Regioni dovranno predisporre il piano regionale della mobilità ciclistica, contenente la rete ciclabile regionale, la puntuale individuazione delle ciclovie, gli itinerari rurali, il sistema di interscambio tra bicicletta e altri mezzi, il sistema delle aree di sosta e i servizi per i ciclisti, le eventuali azioni di comunicazione e formazione.
Le regioni e gli enti locali possono stipulare accordi con i gestori del trasporto pubblico regionale e locale per favorire l’accessibilità in bicicletta di parcheggi, stazioni ferroviarie, scali fluviali e lacustri, porti e aeroporti.
I Comuni adotteranno i Piani urbani della mobilità ciclistica, denominati Biciplan, quali piani di settore dei piani urbani della mobilità sostenibile (PUMS), per promuovere l’uso della bicicletta sia come mezzo di trasporto che per attività turistiche e ricreative, e per migliorare la sicurezza dei ciclisti e dei pedoni.
I Biciplan definiranno: la rete comunale delle ciclovie, la rete secondaria dei percorsi ciclabili, la rete delle vie verdi ciclabili, gli interventi per la realizzazione di tali reti, il raccordo tra le reti e le zone a priorità ciclabile, le isole ambientali, le strade 30, le aree pedonali, le zone residenziali e le ztl.
Definiranno inoltre eventuali azioni per incentivare l’uso della bicicletta negli spostamenti casascuola e casa-lavoro e l’integrazione della mobilità ciclistica con il trasporto pubblico urbano, regionale e nazionale, e per migliorare la sicurezza dei ciclisti e contrastare il furto delle biciclette. I Biciplan dovranno essere coerenti con gli atti di pianificazione territoriale e urbanistica.
Nei regolamenti edilizi, i Comuni dovranno prevedere misure per la realizzazione di spazi comuni e attrezzati per il deposito di biciclette negli edifici adibiti a residenza e ad attività terziarie o produttive e nelle strutture pubbliche. In sede di attuazione degli strumenti urbanistici, i Comuni stabiliranno i parametri di dotazione di stalli per le biciclette destinati ad uso pubblico e pertinenziale.
Finalmente si riconosce che la bicicletta non è un gioco ma un vero mezzo di trasporto! L’auspicio ora è che grazie a questa legge le città inizino seriamente a fronteggiare il traffico e a tutelare le biciclette (grazie anche alle modifiche del Codice della Strada!) sviluppando un tipo di mobilità e di turismo sostenibile, alternativo, e accessibile a tutti. Un grande cambiamento grazie al quale la Cenerentola della mobilità, la bicicletta, assume pari dignità in città, ma anche in periferia e nei percorsi turistici, rispetto agli altri mezzi, guidando il cambiamento verso una vera e applicata mobilità sostenibile. 72 PARLAMENTO ITALIANO, 10 ottobre 1998, Legge n. 366 – Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica 73 PARLAMENTO ITALIANO, 21 giugno 2008, Disegno di Legge n. 2821 – Disposizioni per la predisposizione del Programma nazionale per la mobilità ciclistica nonché per la realizzazione della rete degli itinerari ciclabili d’Italia 74 PARLAMENTO ITALIANO, 11 gennaio 2018, Legge n. 2 – Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica
CAPITOLO QUARTO: IL CASO DELL’ANELLO CICLOTURISTICO DEI QUATTRO FIUMI In fiduciosa attesa che si possano vedere gli effetti della recente Legge sulla mobilità ciclistica e che i percorsi normativi e burocratici si compiano in fretta, ecco una proposta concreta, una contestualizzazione pratica e costruttiva di quanto condiviso ed evidenziato sino a qui. Di più, l’augurio che possa fungere da acceleratore per la realizzazione della famigerata rete nazionale di percorribilità ciclistica.
L’Anello cicloturistico dei quattro fiumi, è infatti un percorso in bicicletta di 522 km lungo l’Adige, il Mincio, il Po e il Brenta, che tocca ben quattro Regioni, e attraversa ben 19 città, il tutto descritto in una cicloguida multilingue pubblicata da Inveneto Edizioni nel marzo 2015.
Gli autori sono Paolo Perini (bassanese, dal 1985 si dedica al turismo culturale. Ha fondato e gestito numerosi rifugi in montagna. Guida naturalistica, oggi fa anche il cuoco nella propria locanda a Primolano di Cismon del Grappa) e Stefano Malvestio (trevisano, dopo aver vissuto due decenni a Bassano del Grappa. Istruttore di Mountain Bike, di Nordic Walking, Accompagnatore di rafting con un master avanzato in salvamento fluviale. Appassionato di viaggi di avventura. Formatore Nazionale CONI).
Un lavoro a quattro gambe e quattro ruote frutto di un sodalizio ben consolidato tra i due autori che hanno precedentemente pubblicato per Ediciclo Editore nel 2007 “La Ciclovia del Brenta”, nel 2008 “La Ciclovia del Sile” e per Edizioni Inveneto nel 2017 “Il Ciclotour della laguna di Venezia”.
La cicloguida - nata anche per assecondare una forte domanda proveniente dal segmento dei paesi di lingua tedesca desiderosi di fare turismo in bicicletta: come noto i tedeschi rappresentano il maggiore mercato al mondo per quanto riguarda il cicloturismo ed il 32% di questo mercato predilige ciclovacanze di più giorni, avvalendosi prevalentemente di mappe e guide di viaggio cartacee75.
4.1 Analisi dei fattori push e pull del territorio – analisi SWOT dell’anello cicloturistico e dal mercato dei cicloturisti tedeschi
L’analisi dei fattori push e pull sotto proposta aiuta a comprendere meglio e più a fondo le ragioni che spingono il turista ciclista - soprattutto di estrazione tedesca - a lasciare la propria residenza per raggiungere l’area territoriale compresa tra il fiume Adige, il Po ed il Brenta, l’area sulla quale la proposta della cicloguida si è concretizzata.
Fattori Push
- ritmo di crescita economica tedesca e progressivo arricchimento della fascia media della popolazione; - maggiore informazione grazie all’incremento dell’utilizzo di internet, strumento usato da tutte le fasce di età di età; - la vicinanza con il nord-est e quindi la possibilità di raggiungerlo con mezzi propri, o addirittura direttamente con la bicicletta; - la differenza climatica a deciso vantaggio del nord-est italiano, anche al di fuori del periodo estivo; - l’ammirazione dei tedeschi per il lifestyle italiano in continua crescita e per il patrimonio artistico/culturale/naturalistico italiano; - l’immagine positiva del nord-est, caratterizzato da un clima mite, dalla varietà del paesaggio che vede la presenza di mare, montagna, lago e pianura, dalla varietà enogastronomica, dalla presenza di città d’arte e da un ricco calendario di eventi.
I fattori pull sono quei fattori che spingono la popolazione di matrice tedesca a raggiungere il nordest d’Italia direttamente in bicicletta o con l’intento di poter dedicare una buona parte del tempo vacanza all’esplorazione del territorio con la due ruote, in modalità “slow”. Vediamo questi fattori suddivisi in diversi ambiti:
Ambito attrazioni naturali e artificiali:
- il territorio variegato, con la presenza di mare, montagna, collina, lago, argini, campagne; - un patrimonio storico, culturale, artistico e naturalistico di inestimabile valore; - la promozione di numerosi e variegati eventi culturali e sportivi; - la varietà di itinerari enogastronomici e di prodotti culinari tipici; - la presenza di luoghi e beni considerati Patrimonio Mondiale dell’Unesco; - la promozione di vari tipi di cluster che soddisfano qualsiasi esigenza: montagna, arte e cultura, mare, vacanza attiva, enogastronomia, natura, terme e wellness, relax e riposo.
Ambito accessibilità in termini geografici, socio-politici ed economici:
- vicinanza della regione con la Germania e facilità di organizzare un turismo fai da te; - possibilità di raggiungere la regione interessata direttamente con la bicicletta; - rete ferroviaria buona e presenza di mezzi pubblici che collegano la regione; - promozione pacchetti turistici low cost e all inclusive.
Ambito informazione, accoglienza e ricettività svolta dagli enti pubblici e dalle categorie imprenditoriali:
- regione molto conosciuta dal mercato tedesco; - tour operator collegati con la Germania; - numerose strutture ricettive; - strutture alberghiere diffuse; - figure professionali specializzate che possono seguire il turista durante la permanenza nel territorio (guide escursionistiche e ambientali, guide turistiche e cicloturistiche, istruttori, ecc….
Ambito immagine turistica che influenza fortemente il processo decisionale del turista anche quando essa non è frutto della sua esperienza diretta:
- presenza di servizi di qualità - buona considerazione del brand nord-est e, più in generale, del made in Italy.
La cicloguida attraversa il territorio del nord est italiano proponendo “un itinerario tra fantasia e realtà, bellezza e ambiente, storia, cultura e golosa enogastronomia”. “Si tratta di iniziative non fini a se stesse ma di iniziative che arricchiscono e completano la proposta di viaggio e di “assaggio”. La guida “è destinata ad un turismo slow e interessa una delle aree più rappresentative e turistiche d’Italia, con decine di milioni di presenze delle quali più della metà sono ospiti stranieri che generano un fatturato di parecchi miliardi di euro l’anno”. “Un’occasione per vedere il territorio altrimenti invisibile, muovendosi in bicicletta con tutto ciò che di bene questo vuol dire per la salute e per l’ambiente, creando nel contempo nuove opportunità economiche per il territorio” (cit. Luca Zaia – Gov. Veneto).
Obiettivo di questa guida, redatta in lingua italiana e tedesca, è quello di contribuire a creare le condizioni affinché, una volta vissuta l’esperienza dell’Anello, il cicloturista (soprattutto tedesco) al suo ritorno a casa possa diffondere un’immagine positiva dei luoghi attraversati e vissuti dal sellino di una bicicletta.
L’analisi swot che segue riporta i punti di forza e di debolezza della cicloguida per un turismo di matrice tedesca e le opportunità e le minacce presenti nel mercato tedesco.
TABELLA N.7: L’ANELLO CICLOTURISTIO DEI QUATTRO FIUMI - PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA
Punti di forza
• Sviluppo chilometrico e geografico • Elasticità nella gestione di partenza, arrivo e tappe • Standard di sicurezza elevati • Presenza di segnaletica stradale • Fondo stradale adeguato (city bike) • Paesaggi naturalistici pregevoli • Vastissimo patrimonio culturale, artistico e archeologico • Multi stagionalità del percorso • Quiete e silenzio inedite • Costante presenza di corsi d’acqua dolce • Intermodalità facilitata per spostamenti o rientri • Essenziale nella fruizione • Possibilità di contatti fisici con persone “scelte”
Punti di debolezza
• Stampa in numero limitato di copie • Promozione e divulgazione migliorabili • Scarsa reperibilità nel mercato • Impossibilità di scarico con app. su smartphone, • Mancanza di una versione in eBook
TABELLA N.8: OPPORTUNITA’E MINACCE PRESENTI NEL MERCATO TEDESCO
Opportunità
• Fase di continua crescita economica per la popolazione di lingua tedesca e arricchimento della fascia media della popolazione;
• potenziale crescita della spesa turistica;
• aumento della frequenza dei viaggi ed in particolare di quelli fai date, individuali;
• l’Italia del nord-est è già una delle
Minacce
• Dare per scontato l’immagine del nord-est e dell’Italia in genere;
• stagnazione del mercato in mancanza di strategie adeguate ed idee per il recupero del turismo giovane, del turismo familiare e della terza e quarta età;
• eccesso di burocrazia e norme;
• mutamento di abitudini consolidate destinazioni preferite dai turisti tedeschi ed il brand italiano è molto apprezzato;
• incremento dell’utilizzo di internet e dei social network anche per la scelta della destinazione turistica;
• aumento della richiesta di pacchetti combinati e all inclusive in cui si combinano relax, turismo attivo e itinerari enogastronomici favoriti dalla originalità delle proposte nel territorio;
• valorizzazione di località minori e di centri storici e culturali fuori dalle stagioni ad alta intensità turistica;
• presenza di un consolidato numero di tour operator in Germania che trattano la destinazione Italia;
• propensione al viaggio con mezzi pubblici come il treno;
(vacanze low cost, stagionalità, soggiorno breve);
4.2 Presentazione, i requisiti, il percorso, il paesaggio fluviale. Presentazione Adige, Mincio, Po, Po di Levante, Po di Venezia, Canale di Valle, Bacchiglione, Taglio di Brenta, Brenta, Férsina; questi sono i principali assi fluviali lungo cui si sviluppa l’anello cicloturistico contenuto in questa guida.
Vengono toccate numerosissime città, tra cui Trento, Lazise, Peschiera del Garda, Borghetto sul Mincio, Mantova, Governolo, Ficarolo, Porto Viro, Chioggia, Padova, Piazzola sul Brenta, Bassano del Grappa, Valstagna, Borgo Valsugana, Levico, Caldonazzo, Pergine, e ne vengono lambite tante altre tra cui Ferrara, Padova e Venezia. A nessuno sfuggirà il valore storico, ambientale, naturalistico - e quindi turistico - di tale proposta.
Più di cinquecento e cinquanta chilometri in bicicletta possono sembrare un'impresa titanica, ma l'itinerario è coperto per lo più da ciclopiste adeguatamente attrezzate (Ciclopista dell’Adige,
Ciclopista del Mincio, Sinistra-Po, Ciclopista della Valsugana) connesse tra loro da argini ciclabili e strade secondarie. Solo in rari casi e per brevissimi tratti si percorrono strade con qualche traffico, ma si tratta solo di pochi chilometri in tutto.
L'intero tragitto, insomma, per chi ha un po' di abitudine alla sella, rappresenta una ciclovacanza da effettuare in una decina di giorni ad una media di un po’ più di una cinquantina di chilometri al giorno, e che perciò possono render felici anche coloro a cui piace guardarsi intorno.
Ma poiché l'itinerario offre davvero moltissime occasioni di interesse ambientale e culturale, sarebbe un peccato solo pedalare e via.
Inoltre, pur sviluppandosi ai margini del caos urbano, attraversa o lambisce aree abitate e dunque servite sia per il rifornimento delle merci, sia per il pernottamento e sia – infine - per l’assistenza tecnica alle biciclette o per altri casi di necessità.
Infine, le numerose stazioni ferroviarie toccate dal circuito renderanno facile qualsiasi necessità di avvicinamento o rientro imprevisto.
I Requisiti Sono dieci i requisiti principali cui risponde questa guida:
1. Per la sua lunghezza, completezza e originalità la proposta può richiamare l’attenzione del mondo cicloturistico nazionale ed internazionale.
2. Trattandosi di un anello, l’itinerario può essere iniziato da qualsiasi punto di esso.
3. La proposta rispecchia gli standard di sicurezza che il cicloturista si aspetta, e solo raramente interferisce con il traffico.
4. Poiché l’itinerario collega ciclopiste e ciclovie esistenti, numerose sono le indicazioni stradali che facilitano il tragitto.
5. Il fondo stradale è sempre adeguato ad una city-bike anche carica del necessario per la ciclovacanza.
6. I territori attraversati offrono paesaggi naturalisticamente pregevoli; lungo il circuito si incontrano numerosissime aree naturalistiche protette ma in generale il tracciato offre territori ricchi di flora e fauna selvatica.
7. Sotto il profilo culturale l’itinerario offre un campionario vastissimo di occasioni che vanno dall’archeologia all’arte, dalla storia ai beni culturali.
8. Le ciclovie arginali offrono occasione di quiete e di silenzio. Nei loro pressi è possibile sostare in tranquillità e spesso viene tollerato il campeggio.
9. Numerose sono le stazioni ferroviarie toccate dal circuito che renderanno facile qualsiasi necessità di spostamento o rientro.
10. La guida presenta alcune persone che sono disponibili a consigliare i cicloturisti prima del cicloviaggio.
L’Anello dei quattro fiumi illustrato in questa guida attraversa gli ambiti fluviali dei quattro giganti del nord-Italia - Adige, Mincio, Po, Brenta - e di alcune loro diramazioni.
Poi, però, vi sono anche una serie di canali e derivazioni che il nostro itinerario segue, come il Canale di Valle, tra Cavanella d’Adige e Chioggia, o il Bacchiglione, gemello del Brenta e su cui affluisce a nord di Chioggia.
Un itinerario di questo genere non può che essere pacifico e dolce: si tratta di un pedalare su quel “retro del mondo” che lascia spazio da una parte al paesaggio, alla natura, alla storia, dall'altra alle riflessioni, alle emozioni.
Ogni ciclista potrà suddividere l'anello sulla base delle proprie condizioni di viaggio; questa guida lo propone a partire da Trento ed in senso antiorario (per attutire le pendenze) e lo suddivide in segmenti omogenei in base agli ambiti territoriali che attraversa.
In questo contesto solo la seconda tappa presenta salite per un totale di circa 200 m di dislivello, mentre l'ultima sfiora il centinaio di metri.
Il fondo stradale dell'itinerario è per circa due terzi asfaltato e per un terzo è sterrato (soprattutto nella sesta e settima tappa, anche se pianeggianti).
Viene proposta questa suddivisione, del percorso ma ognuno potrà decidere diversamente:
1. Trento – Rovereto - Borghetto all’Adige km 59
2. Borghetto all’Adige – Affi - Peschiera del G. km 46
3. Peschiera del Garda – Mantova - Governolo km 66
4. Governolo – Ostiglia - Ficarolo km 52
5. Ficarolo – Polesella – Porto Viro km 86
6. Porto Viro - Chioggia - Padova km 76
7. Padova – Piazzola sul Brenta – Bassano del Grappa km 62
8. Bassano del Grappa - Primolano- Borgo Valsugana km 54
9. Borgo Valsugana – Pergine - Trento km 52 TOTALE km 553
Il paesaggio fluviale L’Anello Cicloturistico dei Quattro Fiumi si sviluppa in un paesaggio fortemente condizionato dalla presenza dei corsi d'acqua dolce. Si tratta di ecosistemi aperti e complessi, ciascuno dei quali presenta diversità derivanti dalle caratteristiche dell'habitat fluviale e delle comunità che vi vivono.
Ciò premesso, possiamo comunque tratteggiare gli elementi floro-faunustici che accomunano Adige, Mincio, Po e Brenta, pur ciascuno condizionato in tutto o in parte dall'orografia e dal clima innanzitutto.
La vegetazione arborea ripariale è composta prevalentemente da ontano nero (Alnus glutinosa), salice bianco (Salix alba), pioppo nero (Populus nigra), sambuco (Sambucus nigra), e robinia (Robinia pseudoacacia), mentre a livello arbustivo sono comuni la buddleia (Buddleia davidii) e la canna domestica (Arundo donax).
Lungo i greti e le sponde naturali fioriscono la salcerella (Lythrum salicaria), il topinambur (Heliantus tuperosus), il tanaceto (Tanacetum vulgare), a cui si associano nei fondivalle l'enagra (Oenothera parviflora) e la balsamina rossa (Impatiens balfouri), di origine hymalayana.
Nelle acque calme fluttua il ranuncolo d'acqua (Ranunculus tricophyllum).
A livello avifaunistico i più diffusi sono gli aironi cinerini (Ardea cinerea), i cormorani (Phalacrocorax carbo), i germani reali (Anas platyrhynchos), tutti presenti oggi anche nei fondivalle, mentre in pianura si incontrano le garzette (Egretta garzetta) e i cigni (Cignus sp.).
A terra, lungo gli argini, si possono vedere la lepre (Lepus europaeus), la volpe (Vulpes vulpes) e la nutria (Myocastor coypus).
L'Adige, Athesis in latino, 410 km di lunghezza, è il secondo fiume in Italia dopo il Po. Nasce presso il Passo Resia (Reschenpass), in Alto Adige, e sfocia nel Mare Adriatico poco a sud di Chioggia.
La media Valle dell'Adige - detta anche Val Lagarina - è per lo più coltivata a vite; appena a sud di Trento appare ampia e dolce, poi va restringendosi scavandosi una via più stretta tra la Lessinia, a oriente, e il Monte Baldo - a occidente - che la separa dal Lago di Garda.
Il lago di Garda - o Benàco - è il più esteso lago italiano (sup. circa 370 km², ed il suo asse principale è lungo 41 km. E' posto tra tre regioni (Lombardia, Veneto e Trentino-Alto Adige) ed è di origine glaciale. Il lago presenta un clima di tipo mediterraneo - presenti l'ulivo, la vite e l'agave - ed è importante meta turistica. Vi si pratica la vela e - dalle sue sponde rocciose - il parapendio.
Strano il destino - unico in Italia - di questo fiume: entra nel Lago di Garda con il nome di Sarca, ne esce con quello di Mincio. 194 km la lunghezza del fiume, includendo anche il tratto interno al lago; solo 75 km il Mincio vero e proprio. Bagna Mantova - dove forma tre laghi - a sud della quale sfocia nel Po.
Il Po è lungo 652 km tra le sue sorgenti del Monviso e il suo delta nell’Adriatico. Eridanòs in greco, Padus in latino, taglia da ovest ad est l’intera pianura padana che ha reso fertile grazie alle innumerevoli inondazioni avvenute nel corso dei millenni.
Il Brenta - anzi la Brenta, come viene chiamato lungo il suo corso - in epoca romana era noto come Medoacus, poi trasformato sulla radice etimologica brint, che in tedesco significa fontana.
La parte terminale del fiume - 174 km - è suddivisa in due rami: la Riviera del Brenta (ornata di bellissime ville patrizie), che sfocia in laguna a sud di Venezia, e il Brenta, la cui parte terminale è stata portata a sfociare a sud di Chioggia, subito dopo aver ricevuto le acque del Bacchiglione.
FOTO 1: LA COPERTINA DELLA CICLOGUIDA
CONCLUSIONE
Prima di arrivare a presentare il caso dell’Anello Cicloturistico dei Quattro Fiumi, è risultato necessario passare attraverso una definizione di cicloturismo e di cicloturista. È emersa l’esistenza di tante definizioni quante sono le sottocategorie che rientrano nel concetto di cicloturista: le motivazioni ed i bisogni che spingono i vacanzieri a condurre questo tipo di viaggio sono molteplici e diversi tra loro. Considerato il maggior interesse e la crescente domanda - con il quarto capitolo, quello che descrive un anello cicloturistico di 553 chilometri - ho deciso di concentrarmi sul profilo di chi sceglie di condurre una vacanza itinerante in bicicletta su tracciati a medio/lunga percorrenza, spostandosi di giorno in giorno in un luogo diverso, con il desiderio di vedere con altri occhi il paesaggio circostante e di riscoprire i valori genuini della lentezza.
Riprendendo il significato del verbo “pedalare” citato nell’introduzione mi auspico che attraverso il caso dell’Anello Cicloturistico dei Quattro Fiumi si sia potuto offrire una testimonianza concreta al fatto che in Italia - sotto il profilo delle proposte private, delle iniziative dei cittadini, della creatività fatta di passione e di entusiasmo in termini di “due ruote” non partiamo dal chilometro zero, non siamo fermi in precario equilibrio. Anzi, detta alla Albert Einstein“…la vita è come andare in bicicletta. Per mantenere l’equilibrio devi muoverti.”.
E questo movimento non può che risultare prezioso e utile oggi che il cicloturismo – grazie alla nuova Legge 2/2018 sulla mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica - è entrato ufficialmente nel “ciclo” di vita e quindi delle agende delle amministrazioni italiane: la sfida ora sarà far diventare il nostro Bel Paese diventi “patria delle biciclette”, contestualizzando le parole di William Saroyan “la bicicletta è la più nobile invenzione dell’umanità!”.
Pedalare come conseguenza di una crescente consapevolezza dell’importanza di uno stile di vita sano e sostenibile. Pedalare come impatto dolce sul territorio, inteso come mobilità alternativa ai mezzi di trasporto motorizzati, o come forma di turismo, o legato all’attività fisica o alla pratica sportiva.
Pedalare richiede ora l’implementazione di forme di pianificazione urbana rivolte alla mobilità dolce, attraverso la messa a terra della nuova Legge, consapevoli che l’elemento vincente sarà rappresentato dalla capacità di fare sistema. In paesi come la Germania, la Svizzera, l’Olanda, l’Austria, i molteplici attori hanno collaborato e dialogato assieme nell’ottica di un prodotto globale, capace di soddisfare tutti i bisogni del viaggiatore. In tal modo le destinazioni sono riuscite a costruire un prodotto di qualità, sia dal punto di vista infrastrutturale, creando degli itinerari nazionali a lunga percorrenza e segnalati attraverso un’immagine comune, sia offrendo dei servizi a misura di cicloturista.
Inoltre negli ultimi anni infatti molte amministrazioni del nostro Paese hanno mostrato maggiore interesse verso il cicloturismo in quanto soluzione vincente per destagionalizzare i flussi turistici e farli confluire maggiormente nell’entroterra. Tali soggetti hanno cercato di proporre soluzioni innovative in grado di rinfrescare i prodotti del loro territorio che si basano sui “tematismi tradizionali”: in questa visione, il cicloturismo si presta come elemento complementare e non competitivo ai prodotti già esistenti.
Forti del crescente coinvolgimento delle amministrazioni verso questa forma di turismo e del sempre maggiore interesse degli operatori turistici a predisporre strutture e servizi adattati alla bicicletta, la nuova legge quadro sulla mobilità in bicicletta dovrà necessariamente contribuire ad accrescere il “dialogo” comune e la comunicazione, facendo forza sulle molteplici piccole realtà, magari di pregio, non ancora adeguatamente valorizzate e quindi non competitive a livello nazionale e soprattutto internazionale.
Il Veneto, in particolare confida molto in questa legge, considerando che da tempo ha deciso di fare rete con altre regioni e di sviluppare un progetto in comune, realizzando un network regionale di itinerari cicloturistici. La strategia portata avanti assieme alle altre regioni, e in maniera autonoma dal Veneto, ha permesso di gettare le fondamenta verso la costruzione di un’offerta a lungo raggio che superino certe carenze, da ricondurre sostanzialmente all’incapacità di pensare ad una logica di insieme che si riflette nella mancanza di un prodotto globale.
Voglio augurarmi che la nuova legge affronti e superi queste carenze, approfittando anche dell’interesse di diversi imprenditori verso questa tipologia di turismo per mettere in comunicazione tutta l’offerta. La filosofia seguita dalla Regione si è riscontrato essere la più adatta anche a tutto il contesto italiano: individuare i servizi e le infrastrutture già esistenti e implementarli in modo da costruire almeno un’offerta essenziale, facendo sistema, prima ancora di costruire nuove, costose piste ciclabili.
Muoversi in questa direzione è una sfida che un Paese come l’Italia non può non cogliere proprio per le sue intrinseche caratteristiche e per salvaguardare e valorizzare un territorio che rappresenta la nostra memoria e la nostra identità - quindi il nostro passato - ma anche il nostro futuro non solo in termini di necessità di uno sviluppo sostenibile più attento alle risorse storiche, ambientali, paesaggistiche ed al loro “consumo”, ma anche in termini di possibile fonte di sviluppo economico.
In attesa di vedere i prossimi frutti della nuova legge sulla mobilità in bicicletta “L’Anello dei quattro fiumi” risulta essere non solo una concreta proposta ma anche uno strumento che dà risposte
immediate e concrete ad una domanda (quella del cicloturismo in Italia) sempre più pressante e fa proposte altrettanto concrete e tangibili a chi è in grado di coglierle.
Quello che è scontato - come ci diciamo sempre Paolo Perini ed il sottoscritto - è che pedalare non solo fa da volano energetico alla nostra economia, portandoci verso le potenzialità inespresse del bene più apprezzato che è il nostro Paese, ma anche del fatto (nonostante non siamo più dei ragazzini) che “non si smette di pedalare quando si invecchia, ma si invecchia quando si smette di pedalare”.
Dott.Stefano Malvestio